"Dopo Titanic e Avatar voglio aiutarvi a riscoprire la natura"

Il regista produce la serie "I segreti degli elefanti". "Cambierà ciò che pensate di questi animali"

"Dopo Titanic e Avatar voglio aiutarvi  a riscoprire la natura"

C'è solo un uomo al mondo che sia stato in grado di dirigere tre film che hanno superato i due miliardi di dollari di incassi. Il suo nome è James Cameron. Dopo averci fatto sognare di mondi ed epoche lontani, il regista della saga Avatar e di Titanic, ambientalista e vegano, veste i panni del produttore per tornare a raccontare il nostro pianeta. Dopo il successo de I Segreti delle Balene, arriva la nuova docu-serie targata National Geographic I segreti degli Elefanti. Divisa in quattro puntate e disponibile ora su Disney+. La serie, doppiata da Natalie Portman nella versione originale, viaggia per il mondo, dalle savane dell'Africa ai paesaggi urbani dell'Asia, per scoprire i pensieri, le emozioni complesse, le strategie e il linguaggio sofisticato di questi enormi e misteriosi animali. Le loro vite ricche di sentimenti ed emotività, i loro modi quasi soprannaturali di navigare nel mondo e di comunicare. Nella docu-serie osserveremo da vicino le vite straordinarie di diverse famiglie di pachidermi, con le loro dinamiche e interazioni, così simili alle nostre.

«I Segreti degli Elefanti - spiega Cameron - cambierà per sempre ciò che pensavate di sapere su questi incredibili animali. Le bestie che vivono in libertà non hanno un copione o orari precisi di lavoro, per girare questi documentari ci sono voluti più di due anni, dovevamo essere sicuri di essere sempre al posto giusto nel momento giusto. Abbiamo fatto affidamento sulle tecnologie più all'avanguardia, per garantire riprese uniche dei momenti più intimi di queste creature. Il tutto ovviamente cercando sempre di non interferire con il naturale svolgimento delle cose, nella filosofia di National Geographic».

Cosa l'ha convinta a partecipare a questi progetti?

«L'esplorazione e la conservazione della natura, sono sempre state mie enormi passioni. Quando posso amo essere sul campo, vivere le emozioni in prima persona. Ovviamente non posso essere sempre nella giungla o nell'Oceano a filmare animali, quindi come produttore esecutivo il mio ruolo è anche quello di aiutare il nostro team a costruire una storia, con il bellissimo materiale raccolto grazie a ore di appostamenti e osservazione. Sono curioso e mi piace anche ascoltare scienziati ed esperti, che rispondono ai grandi perché della vita. Come fanno queste enormi creature a comunicare? Come interagiscono e come convivono con il loro ecosistema? Tutte cose che guardando questa docu-serie potrete capire meglio anche voi».

Il rischio, in questo tipo di documentari, è quello di umanizzare gli animali.

«Una delle regole seguite è stata proprio il non cercare di renderli umani, perché sono esseri viventi diversi, unici. Fra noi e loro c'è una connessione, ma non dobbiamo porci come degli insegnanti. Osservare e raccontare è il nostro lavoro. Una volta che ci arriva il materiale osserviamo e cerchiamo quella linea sottile che lega gli eventi. Le emozioni e i motivi che spingono gli animali a compiere determinate azioni, a cooperare o a scontrarsi».

Qual è la vostra intenzione quindi?

«Noi vorremmo che le persone si sentissero di nuovo in contatto con la natura. Veniamo da anni in cui la parola d'ordine è stata: remoto. Il nostro mondo di schermi ad alta definizione ci ha fatto perdere connessione con il pianeta di cui facciamo parte. Credo che dovremmo innamorarci di nuovo della terra, come quando eravamo bimbi. Bastava un prato per farci correre, un bosco per farci esplorare, osservare e convivere con gli elementi.

Come i nostri documentaristi, che hanno messo le loro vite al servizio della serie. Il loro amore per la natura e la voglia di raccontare una storia, li hanno spinti a passare mesi nella giungla, per catturare momenti unici e condividerli con noi».

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