Troppi bimbi svizzeri picchiati Lo scapaccione diventa reato

I giuristi stanno preparando la legge che punta sull’effetto preventivo. Ma i genitori temono l’ingerenza dello Stato nelle questioni familiari

Luciana Caglio

Lo si credeva consegnato ai ricordi di tempi irripetibili, il vecchio scapaccione, simbolo di un autoritarismo familiare ormai sconfessato. Invece resiste. E, in barba alle nuove teorie educative e a un diffuso permissivismo, ha sempre corso anche nell'evoluta Svizzera dove, secondo le organizzazioni per la difesa dell'infanzia, 400mila bambini e ragazzi sotto i 16 anni, cioè un terzo della totalità, subiscono punizioni corporali «qualche volta» o «spesso».
Maggiormente colpiti i più piccoli, fra i 2 e i 4 anni, soprattutto da parte dei papà. Questi dati, inattesi e preoccupanti, sono emersi, negli ultimi giorni, in seguito alla proposta della parlamentare socialista, Ruth-Gaby Vermot, di rafforzare la legge sulla protezione dei minorenni: introducendo il divieto dello scapaccione anche nell'ambito familiare.
In altre parole, punire i propri figli ricorrendo alle mani diventa un reato perseguibile. Ora, nei confronti della nuova misura legale, che sarà discussa prossimamente alle Camere federali, le opinioni e soprattutto i sentimenti appaiono profondamente divisi. Mentre la maggioranza dell'establishment, politici, operatori sociali, ambienti medici, ne sostiene l'opportunità, fra i cittadini comuni prevale il rifiuto.
«A casa nostra, decidiamo noi come comportarci con i figli. A volte, uno schiaffo o una sculacciata può servire. Basta con le ingerenze dello Stato»: in questi termini hanno reagito, a forte maggioranza, il 79 per cento, i lettori interpellati dal Blick, il più popolare quotidiano elvetico, per i quali lo scapaccione vietato costituisce un'inaccettabile violazione della sfera privata.
«Ma a proposito di privacy bisogna intendersi - osserva Chiara Simoneschi Cortesi, deputata ticinese a Berna -. La famiglia non è uno spazio chiuso, sottratto alle regole della società cui appartiene. Al suo interno, l'individuo va tutelato da abusi e violenze. Avviene già per le donne e deve valere anche per i bambini. Sono, tendenzialmente, favorevole a una legge che punisce lo scapaccione domestico. Le mani non sono mai lo strumento giusto».
Ne è convinto, sulla scorta di una lunga esperienza professionale, il pediatra luganese Michele Raggi: «Lo schiaffo è un gesto avvilente, di cui poi ci si pente. Serve soltanto, sul momento, a chi lo dà. È un sintomo di debolezza da parte di genitori che non riescono a far rispettare, in altro modo, le regole della convivenza familiare. Si supplisce al mancato dialogo con il linguaggio delle mani. Purtroppo ancora in uso, soprattutto in ambienti culturalmente meno evoluti».
E qui si delinea l'aspetto sociale di un fenomeno accentuato, appunto, dalla recessione economica. Spiega il dottor Raggi:«Ci si era illusi che, attraverso campagne di sensibilizzazione rivolte ai genitori e agli insegnanti, gli schiaffi fossero stati debellati. Invece le crisi di coppia, l'insicurezza finanziaria, la disoccupazione hanno creato tensioni di cui i figli sono, spesso, le vittime. Inoltre, in molte famiglie di immigrati, persiste una tradizione culturale e religiosa che legittima punizioni corporali anche pesanti».
Questo malcostume, che oggi grava sulle statistiche svizzere, sarebbe quindi un guaio importato? Lo smentiscono i responsabili dei corsi «Triple P» (Positive Parentering Program): «La sberla è praticata, trasversalmente, in tutti i ceti. Certo, il livello culturale aiuta a prenderne atto e a reagire, ricorrendo al sostegno di specialisti».
La consapevolezza di aver sbagliato, usando le mani anziché le parole, inculcando paura invece di fiducia, oggi è più diffusa. Lo costata Federico Mari, responsabile del servizio Telefono SOS Infanzia: «È calato il numero delle chiamate che denunciano casi di violenza sui bambini. Con ciò, non bisogna abbassare la guardia. Ma considero una follia la legge che equipara lo scapaccione a un reato. Non si farebbe che aggiungere una colpa a una colpa».


Non così, invece, per i giuristi alle prese con l'elaborazione di uno strumento legale delicato: «Non si tratta di portare in tribunale genitori, accusati dai figli. Si punta sull'effetto preventivo di una legge, che dovrebbe far desistere dall'uso delle mani». Un uso che, per la maggioranza degli svizzeri, persegue un obiettivo benefico.

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