Troppo grosse per gli acquari: le tartarughe invadono i parchi

IMPEGNATIVO Un esemplare adulto può arrivare a misurare anche 27 centimetri

Troppo grosse per gli acquari: le tartarughe invadono i parchi

Non scodinzola come i cani. Non fa le fusa come i gatti. Cerca semplicemente di farsi i fatti suoi. E forse per questo dopo un po’ stufa mamme e bambini. È una vita tormentata quella delle povere Trachemys scripta scripta (questo il nome delle tartarughine importate in Italia dagli allevamenti della Louisiana). Ogni anno, due milioni di esemplari raggiungono il nostro Paese.
Ma più del 90 per cento muore durante il trasporto, e circa 20 mila, dopo l’acquisto e dopo brevi soggiorni in vaschette sottodimensionate con tanto di palmetta in plastica, vengono abbandonate perché crescono (fino alla ragguardevole lunghezza di 27 centimetri) e diventano troppo impegnative per quanti le credevano solo un giocattolo. E così laghetti, paludi e corsi d’acqua si riempiono di poveri anfibi spaesati.
Secondo Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente) l’abbandono delle tartarughe americane d’acqua dolce, è pari se non superiore a quello di cani e gatti. E Milano, purtroppo, fa la sua parte. Basta fare un salto al laghetto Salesina, il piccolo specchio d’acqua del Parco Forlanini, per assistere a uno spettacolo sconcertante: un centinaio di tartarughe abbandonate, sono cresciute e hanno colonizzato le sponde, mentre l’unico ranocchio sopravvissuto canta a tutti la sua solitudine. Perché la tartaruga americana è onnivora e per sopravvivere preda le uova di anfibi, uccelli e pesci.
Ma il fenomeno tartaruga randagia è presente anche nel laghetto dei giardini pubblici di Palestro e in quello del Parco Sempione. Altre colonie ci sono nel laghetto di Villa Reale, al Parco dell’Acqua sotto la Tangenziale di via Rubattino e perfino in alcuni cigli erbosi del naviglio Martesana, vicino a via Melchiorre Gioia.
Uno strano e tormentato commercio, quello delle piccole Ninja. Negli Stati Uniti è vietato dal 1975, quando si scoprì che questi animali potrebbero trasmettere all’uomo i batteri della salmonellosi. Dal 1997 anche l’Unione europea ne ha vietato l'importazione: stop per la Trachemys scripta elegans, la cosiddetta orecchie rosse.
Ma il legislatore non aveva tenuto conto dei possibili raggiri. Infatti gli allevatori americani ora esportano in Europa la Trachemys scripta scripta, la quasi identica tartaruga detta orecchie gialle.
Che fare? Garante per la tutela degli animali e Acquario Civico, stanno studiando un provvedimento per limitare questa emergenza. Secondo gli esperti, se si smettesse oggi stesso di abbandonare tartarughe, ci vorrebbero almeno 10 anni per vederne la quasi definitiva scomparsa da Milano. Ma sulle previsioni grava anche un’altra incognita: «Le tartarughe americane - svela Mauro Mariani, direttore dell’Acquario di Milano - sembrano in grado di riprodursi: abbiamo visto che in alcuni nidi del Parco Sempione, depongono regolarmente le uova».
In passato l’Enpa, Ente protezione animali, ritirava e reimmetteva in ambienti controllati dell'hinterland gli esemplari ceduti dai milanesi: circa 800 in due anni. Oggi questo servizio non esiste più e l'unico ricovero per tartarughe indesiderate si trova nel Lodigiano.
«Abbiamo trasformato una piccola palude - dice Riccardo Groppali, direttore del Parco Adda Sud - in uno spazio provvisto di recinti interrati per evitare le fughe».

La struttura funziona presso il centro L’Ortica, a Corte Palasio, e la sua realizzazione si deve allo stesso Groppali. Nel Parco dell’Adda, la presenza di tartarughe americane abbandonate sul territorio, aveva creato seri problemi di sopravvivenza alle poche testuggini nostrane rimaste in circolazione.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica