Allultima edizione di Identità Golose, a fine gennaio a Milano, un paio di chef inglesi, al momento di seguire le lezioni di alcuni loro colleghi abruzzesi, si sono chiesti «Abruzzo? Where is it?», un dovè lAbruzzo? la cui risposta è arrivata a stretto giro di posta, seguendo le varie relazioni, con gli abruzzesi gongolanti perché tra Giulianova a nord e Vasto a sud, tra LAquila e i monti a ovest e Pescara e lAdriatico a est gli inglesi sono i turisti più numerosi, fedeli e felici di una Regione che ha tante belle facce, quasi tutte in fondo ancora da scoprire in pieno.
Proprio il desiderio di mettere in mostra il meglio della tavola della sua regione, ha spinto leditore Edoardo Caroccia, della casa editrice Textus di LAquila, 0862.411670, www.textusedizioni.it, ad affidare al fotografo neozelandese (britannico di adozione) Ken Griffiths, allo scrittore anglo-abruzzese Norman Thomas Di Giovanni e a Paolo Marchi, che è inutile presentare ai lettori del Giornale, la confezione di un libro, Sapore dAbruzzo, che è un viaggio con locchio, la memoria e il palato in una realtà racchiusa tra Marche, Lazio e Molise, naturalmente anche lAdriatico, un conformazione più o meno a forma di rettangolo, un mondo popolato da circa un milione e trecentomila persone che si presta benissimo a essere suddiviso tra Abruzzo di mare e Abruzzo di montagna e raccontato come tale.
Griffiths, www.kengriffiths.com, ha girato coste, valli e monti con un apparecchio fotografico come pochi ancora se ne vedono, lopposto delle scatolette digitali tutta velocità (vero) e facilità (solo apparente). Si è preso tutto il tempo secondo lui necessario per cogliere il momento giusto per scattare quella foto e non unaltra un minuto prima o due ore dopo. Cuochi tutti sorpresi e poi stregati perché noi italiani siamo essere sbrigativi, Griffiths invece no. Tutto doveva apparirgli perfetto perché chi avrebbe visto il libro non avesse dubbi che quelle erano momenti veri e non tanti set fotografici: la luce, le ombre, i colori allalba e quelli a mezzogiorno, le prime ombre e la notte fonda, lorizzonte sgombro e quello chiuso da chissà quale superficie, le facce e le mani, i fiori e le verdure, i pesci e le carni, i salumi e i formaggi... Un lavoro lungo e paziente, senza mai accelerazioni, regolare e concreto.
E se Di Giovanni, traduttore di Jorge Luis Borges in inglese, ha curato le didascalie, a Marchi è toccato il lato più comodo e invidiato: raccontare i cibi e i vini e, attraverso loro, una regione intera. Ristoranti di mare, pochi in verità, due appena, Beccaceci a Giulianova (Teramo) e LAngolino da Filippo a San Vito Chietino (Chieti) e ristoranti di montagna. Tutti gli altri: Elodia a Camarda (LAquila), il Ritrovo dAbruzzo a Civitella Casanova (Pescara), stesso comune, ma contrade differenti, della Bandiera, lAngolo dAbruzzo a Carsoli (LAquila), il Reale a Rivisondoli (LAquila), Villa Maiella a Guardiagrele (Chieti) e, infine, Zenobi a Colonnella (Teramo).
Ma per arrivare a loro prima si vive e si percorre terra e storia della regione: «LAbruzzo infinito e lAbruzzo impenetrabile. LAbruzzo del mare e lAbruzzo dei monti. Spazi che è bello pensare senza fine e spazi angusti di valli formate da vette che sono le più alte degli Appennini, della spina dorsale dItalia di cui questa regione è la prima in ordine alfabetico e una delle ultime per valorizzazione, notorietà e glamour patinato», cosa questultima che molto probabilmente rischia di apparire un pregio. Questo lincipit di Marchi che in fondo avvisa di essere stato scelto dalleditore perché esterno alla regione, perché un occhio lontano è più immediato nel cogliere ogni sfumatura, non coinvolto in dispute di campanile che possono sempre influenzare un giudizio.
Il secondo capitolo è un affresco dellAbruzzo di mare, quello troppo esposto alle modernità - che vuole dire pure turismo di massa e a buoni prezzi - per avere conservato i suoi gusti antichi, a differenza delle realtà interne, più inaccessibili, un tempo quasi impossibili, e come tali arrivate a noi più genuine e intatte, con un comune denominatore: «In Abruzzo si mangia, ci si riempie per sentirsi proprio sazi nelle viscere.
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