Tutti al mare con i secchielli da guerra

Mettete che ad agosto andate in quella parte di Sicilia che fa relazioni di vicinato con la Tunisia e organizza sessioni interculturali di ermeneutica del cous cous con pesce. Fate che sia a Marsala. Può essere che entrate in un negozio a fare scorta di colesterolo a denominazione d’origine controllata e trovate bottarga di Favignana, pistacchi di Bronte, capperi di Pantelleria, acciughe di Messina, olive del Belice, olio di Paternò, Ragusano di Noto, provola di Foresta, pecorino di Corleone, mandorle di Avola, arance di Ragusa, vino di Canicattì e pani ca’ giuggiulena. Può essere anche che vi portate Un’estate al mare (Garzanti, pagg. 207, euro 15,50) di Giuseppe Culicchia, scrittore di sicuro giovanilistico e di sicuro simpatico che di sicuro ha scritto questo libro dopo ripetute indigestioni di pasta coi ricci. Apritelo all’arrivo, il libro, sennò rimarreste a Busto affittando per l’estate una piscina gonfiabile, un bagnino nano e un pino marittimo da appartamento. Dalla Culicchia-vision distilliamo come mosto letterario le seguenti indicazioni. Casomai troviate un dépliant con i lidi marsalesi, casomai il suddetto dépliant raffiguri spiagge dalla sabbia bianca e fina incastonate tra la natura incontaminata e il mare cristallino, casomai vi sogniate di stare come a Rapput che «eravamo solamente io e Giovanna sopra un’isola deserta tipo c’hai presente due chilometri di spiaggia vuota ed ogni sera i pescatori ci portavano del pesce», casomai tutto quanto premesso, non andateci in agosto. Casomai crediate al dépliant e non a Culicchia, beccatevi ’sto quadretto: «La spiaggia bianca ai piedi della discesa brulica di umani. Non c’è un metro libero. E in acqua non si vedono che bambini» con secchielli da combattimento. Bambini. E saranno pure della Juve. E poi ci sono quelli che parlano di Briatore... Andiamo avanti. Dovete sapere che ovunque a Marsala «la spiaggia brulica di bambini soprappeso» ingozzati al grido di mangia, sangu meo, da mamme armate di enormi borse frigo fornite di «caponate, insalate di polipo, pizze, paste al forno».
Osservate che staziona al calcio-balilla «probabilmente il bambino più grasso del mondo» che si strafoca bella cunzata «un’enorme forma di pane dai cui bordi fuoriescono, per quanto si riesce a vedere, melanzane, sarde, alici, aglio, olio, sale, cipolle, pomodori, pecorino a scaglie, olive, peperoncini, capperi». Ma i bambini non affogano mai per indigestione, a Marsala?
Proseguiamo. Scappate da San Vito Lo Capo dove al diavolo le palme, qui si scostano i racchettoni, si maledicono le suonerie, si osserva ancora «tutto un mangia, sangu meo» e si pesta la cacca in acqua. Per finire. Se ci portate la sposina in ansia da ovulazione, a Marsala, assicuratevi che la migliore amica non si chiami Tarita, non faccia la commessa a Milano e non porti a spasso il pupo su un «passeggino Prada supertecnico foderato di cincillà». Se dovete tradire la sposina non fatelo con una tedesca.

E se proprio poi vi va di concepire un figlio a quaranta gradi in un bungalow con le pale sul soffitto e le cicale fuori che s’impicciano dei casi vostri, sappiate che l’Italia deve vincere un’altra coppa del mondo perché accadano due miracoli in un colpo solo.
(3. Continua)

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