Ue, piano per non dare i fondi ad Hamas

Roberto Fabbri

Il problema è noto: come far avere ai palestinesi il consistente (più di 120 milioni di euro) pacchetto di aiuti dell’Unione europea evitando che finisca nelle mani degli integralisti islamici, e attivi protagonisti del terrorismo anti-israeliano, di Hamas. La cosa non è facilissima, considerato che Hamas ha stravinto le elezioni politiche a Gaza e in Cisgiordania e si accinge a formare (o a dominare, se troverà alleati) il governo. Ma a Bruxelles si sta studiando un piano per aggirare l’ostacolo.
Hamas, a tutt’oggi, è inserita nella lista Ue delle organizzazioni terroristiche. L’Unione europea esclude quindi di inviarle qualsiasi forma di finanziamento, a prescindere dai ruoli istituzionali legittimamente occupati, fintanto che non arriveranno gli attesi (e per ora imprevedibili) passi necessari per la legittimazione: rinuncia al terrorismo e riconoscimento del diritto all’esistenza dello Stato di Israele.
Per il momento l’Ue ha risolto il problema destinando i propri aiuti - concessi per venire incontro ai bisogni quotidiani di una popolazione mediamente indigente - al governo di transizione, guidato da Al Fatah, il partito erede della linea di Yasser Arafat. Ma presto ciò non sarà più possibile perché quel governo non esisterà più. Per questo oggi i servizi del Consiglio Ue e quelli della Commissione (il “governo” di Bruxelles) presentano un documento con una serie di proposte ai ministri degli Esteri dei Venticinque, riuniti in vertice informale a Salisburgo in Austria, Paese che detiene la presidenza di turno dell’Ue.
Tra queste proposte c’è anche quella di inviare il denaro direttamente al presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, esponente di Al Fatah. Ma l’Ue preferisce non enfatizzare questa ipotesi, perché gradirebbe maggiormente vedere Hamas imboccare la strada della legittimazione internazionale. Abu Mazen, tra l’altro, sarà a Strasburgo mercoledì prossimo: parlerà davanti all’Europarlamento e incontrerà, tra gli altri, l’alto rappresentante per la politica estera europea Javier Solana.
Continua intanto la campagna elettorale in Israele. Il premier ad interim Ehud Olmert, leader del partito centrista Kadima, ha ribadito che in caso di vittoria alle elezioni del 28 marzo si impegnerà a dare confini certi e definitivi a Israele, puntando a garantire il mantenimento di una maggioranza etnica ebraica.

Entro il 2010, ha detto Olmert, «ci separeremo definitivamente dai palestinesi»; alcune colonie ebraiche in Cisgiordania, però, verrebbero annesse, sfidando la prevedibile ostilità palestinese: si tratta di Ariel, Gush Etzion e Maaleh Adumim, oltre al mantenimento di una “fascia di sicurezza” nella valle del Giordano che trasformerebbe di fatto il futuro Stato palestinese in una enclave di Israele.

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