Roma, nella zona attorno al Vaticano, si è svegliata questa mattina con una serie di manifesti su cui campeggiano tre Pontefici: Pio V, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il messaggio, però, è rivolto all’attuale Successore di Pietro ed è una supplica “per amore del Papa, per la pace e l’unità della Chiesa, per la libertà della Messa tradizionale latina”.
Lo scontro
L’iniziativa segna un nuovo capitolo nella guerra liturgica apertasi nella Chiesa con la pubblicazione del motu proprio Traditionis custodes del 16 luglio 2021 che ha messo fine alla liberalizzazione della cosiddetta messa in latino voluta nel 2007 da Benedetto XVI con il Summorum Pontificum.
La stretta di Francesco, infatti, è aumentata con il rescriptum ex audientia dello scorso 20 febbraio che porta la firma prefetto del dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il cardinale Arthur Roche.
Le restrizioni
Il nuovo documento cambia la linea del Traditionis Custodes che affidava la vigilanza sulle celebrazioni in forma straordinaria del rito romano ai vescovi diocesani a beneficio di un maggiore accentramento decisivo di Roma.
Questa misura, però, non sembra essere sufficiente al cardinale Roche, da sempre critico sulla cosiddetta messa tridentina. Per questo a Roma da tempo circolano voci sull’imminente uscita di un nuovo documento del dicastero per il culto divino che vorrebbe di fatto mettere fine alle comunità legate alla messa antica. In questo senso, sono indicative le parole pronunciate pochi giorni fa alla BBC da Roche che ha giustificato l’intervento limitativo sulla messa in latino sostenendo che la “teologia della Chiesa è cambiata” in aperta contraddizione con la linea dell’ermeneutica della riforma nella continuità con cui Joseph Ratzinger ha interpretato il Concilio Vaticano II.
I manifesti
Non a caso, Benedetto XVI compare nei manifesti che hanno colorato le plance attorno al Vaticano e nel quartiere Prati e nei quali sono state riportate sia in lingua inglese che in lingua italiana sue citazioni a sostegno del principio della continuità nella vita ecclesiale anche sul piano liturgico. Ad esempio, quanto Ratzinger scrisse nella Lettera ai vescovi che accompagnò la pubblicazione del Summorum Pontificum: “Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso". Ma non è una prerogativa del Papa tedesco: anche Giovanni Paolo II concesse la possibilità di usare il messale romano di san Pio V ed edito da san Giovanni XXIII nel 1962, con un indulto della congregazione per il culto divino nel 1984 e confermato nel motu proprio Ecclesia Dei del 1988.
Anche di Wojtyla, nei manifesti, viene riportata una citazione risalente al 2001 nella quale il Papa polacco disse che nel “messale romano, detto di San Pio V, come in diverse liturgie orientali, vi sono bellissime preghiere con le quali il sacerdote esprime il più profondo senso di umiltà e di riverenza di fronte ai santi misteri: esse rivelano la sostanza stessa di qualsiasi liturgia”.
La rivendicazione
La scelta dei manifesti rappresenta il tentativo di gruppi organizzati di fedele amanti della messa in latino di rivolgersi al Papa per scongiurare un’ulteriore stretta che viene considerata imminente. I promotori, che si sono firmati “Pro libertate missalis”, hanno elencato le loro ragioni in un comunicato in cui mettono i loro nomi e cognomi, spiegando di aver voluto rendere”pubblico il profondo attaccamento alla Messa tradizionale proprio quando ne sembra programmata l’estinzione” e di averlo fatto “per amore del Papa, affinché sia paternamente aperto alla comprensione di quelle periferie liturgiche che da qualche mese non si sentono più ben accette nella Chiesa”.
Nel testo comparso su alcuni siti vicino al mondo tradizionale come Messainlatino.it e Campari & de Maistre ci si tiene inoltre a dire che “le comunità che celebrano secondo il Messale del 1962 non sono ribelli alla Chiesa; al contrario, benedette da una costante crescita di fedeli e di vocazioni sacerdotali”.
Il comitato promotore dell’iniziativa ha chiarito la che la decisione di rendere pubblica questa supplica si deve all’”atteggiamento di
rifiuto” dei “loro stessi pastori” che è “motivo di acerbo dolore”, oltre a rappresentare ai loro occhi “una grave ingiustizia, davanti alla quale la carità stessa impone di non tacere”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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