"Sono innocente, voglio gridarlo al mondo". Ora parla il cardinal Becciu

Il cardinale, dopo la sentenza cinque anni e mezzo di reclusione, si difende ai microfono di Bruno Vespa

"Sono innocente, voglio gridarlo al mondo". Ora parla il cardinal Becciu
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Che il cardinale Angelo Becciu non fosse disposto a fare la vittima sacrificale senza reagire lo aveva dimostrato sin da subito, il giorno dopo l'udienza del 24 settembre 2020 in cui Francesco lo indusse a dimettersi da prefetto della congregazione delle cause dei santi e a rinunciare ai diritti legati al cardinalato. L'ex sostituto, infatti, fece capire che si sarebbe difeso con le unghie e coi denti in una combattiva conferenza stampa nella sala dell'Istituto Maria Bambina. Fu Becciu ad ammettere in quel contesto che il Papa gli aveva detto in udienza di aver perso fiducia in lui perché gli erano stati segnalati atti di peculato. Più di tre anni dopo, la colpevolezza per peculato è stata riconosciuta da una sentenza del tribunale di Città del Vaticano ma il cardinale non si arrende e non rinuncia ad una controffensiva mediatica. Lo ha dimostrato in un'intervista rilasciata a Bruno Vespa nel programma "Cinque Minuti" andata in onda subito dopo il Tg1 della sera.

Le parole di Becciu

Il porporato sardo ha affidato le sue prime dichiarazioni pubbliche dopo la lettura della sentenza da parte del presidente Giuseppe Pignatone alle telecamere di Raiuno, ribadendo a Bruno Vespa la sua innocenza. Becciu si è difeso, dicendo di voler "gridare al mondo che sono innocente, che non ho commesso i reati di cui vengo accusato''. Nelle puntata di questa sera, sono emerse anche le parole del cardinale su ciò che pensa il Papa. Alla domanda di Vespa, il porporato sardo ha affermato di credere e sperare che Bergoglio lo creda innocente. "E comunque mi darò da fare per dimostrare la mia innocenza: nelle istanze giuridiche e in tutte le maniere voglio gridare al mondo la mia innocenza'', ha dichiarato il cardinale che non ci sta a passare come un corrotto. L'ex sostituto ha difeso l'opportunità dell'investimento a Londra ricordando che è un'abitudine della Santa Sede investire nel campo immobiliare all'estero. In più, ha rimarcato come le decisioni si basassero sul calcolo dei rischi fatti dall'ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, all'epoca guidato da monsignor Alberto Perlasca, il suo grande accusatore. Sulle spese fatte da Cecilia Marogna per finalità definite dal pg vaticano "voluttuose e incompatibili" con la causale dei bonifici della Segreteria di Stato che il Papa stesso aveva autorizzato a destinare alla sua società incaricata di lavorare alla liberazione di una suora rapita in Mali, Becciu ha preso le distanze dalla sua conoscente spiegando: "questo non lo sapevo assolutamente e se avessi saputo non l'avrei permesso".

La condanna

Il cardinale, mandato a processo grazie ad un motu proprio ad hoc di Francesco nel quale si cambiava una norma stabilendo che i membri del sacro collegio possono essere giudicati dal tribunale dello Stato della Città del Vaticano e non più da una corte di cassazione presieduta da un altro membro, ha ricevuto una condanna di 5 anni e 6 mesi. Una sentenza leggermente meno pesante della richiesta dell'accusa che per lui aveva chiesto 7 anni e 3 mesi. Il processo è scaturito dallo scandalo dell'acquisto di un palazzo a Londra coi soldi della Segreteria di Stato maturato ai tempi in cui il prelato sardo era sostituto. Tuttavia, le opacità sull'investimento riconosciute nella sentenza sono continuate in una seconda fase in cui Becciu era ormai prefetto della congregazione delle cause dei santi, tant'è che il tribunale ha ridimensionato l'accusa e la pena è stata minore rispetto alle richieste dell'ufficio del promotore di giustizia.

La reazione del fratello

Non solo Angelo Becciu, ma tutta la sua famiglia è stata coinvolta direttamente ed indirettamente nel processo che si è svolto in Vaticano. Tra le accuse al cardinale, infatti, anche quella di aver fatto destinare soldi della Segreteria di Stato ad una cooperativa riconducibile al fratello Antonino. La somma di 125 mila euro era stata versata dalle casse dell'organismo di cui Becciu è stato numero due al conto della Caritas della diocesi di Ozieri ma destinata alla cooperativa Spes. Il presidente Pignatone ha riconosciuto "lecito lo scopo finale delle somme" visto che la cooperativa era impegnata in progetti di recupero rivolti a ex tossicodipendenti ed ex carcerati, ma ha comunque condannato il cardinale anche per questa vicenda, riconoscendole colpevole di peculato. A proposito di questa vicenda, Becciu ha detto a Vespa che i soldi inviati dalla Segreteria di Stato sono ancora sul conto della Caritas di Ozieri e che stava al vescovo decidere come utilizzarli.

Ieri un altro fratello, Mario, ha commentato la sentenza ai microfono del Tg1 sostenendo che "qualche commentatore l'aveva definita una condanna preventiva, per cui il tribunale si è trovato nel dover confermare o sconfessare una decisione già presa". Un riferimento alla privazione dei diritti del cardinalato già disposta la sera del 24 settembre 2020.

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