La crisi è più economica o valoriale?
"La crisi economica che stiamo vivendo si inquadra in una crisi epocale che ha una natura spirituale. E' difficile stabilire automaticamente il nesso, però è un modello di vita e di società che è andato in crisi".
Siamo al capolinea?
"Io temo che siamo arrivati in una fase di declino irreversibile. Bisogna tentare fino in fondo la possibilità di risorgere però quando si crea una congiuntura fatta di crisi demografica da una parte (che è un indicatore straordinario per la denatalità e l'assenza di futuro) e si aggiunge l'economia irreale che vince su quella reale si crea un circuito con scarsa capacità reattiva e tutto fa pensare che siamo in una fase di difficile recupero. Possiamo migliorare nel contingente ma il quadro non è esaltante".
Come uscirne?
"Dal momento che la ragione della crisi non è economica, il rimedio non può essere di tipo economico. Non è semplicemente attraverso operazioni finanziari o un maggiore prelievo fiscale che si può arrivare a superare la crisi. E' una questione che attiene al modello di civilità politico culturale, è una crisi su vari livelli quindi non è detto che se si tampona un livello migliorino gli altri.
Rispetto alle crisi del passato, sembra che adesso ci sia un maggiore scoramento diffuso. Come se lo spiega?
"In passato e in altre crisi c'erano dei punti fermi che restavano nello sfondo e poi si modificavano alcuni assetti. Adesso l'impressione è che questi punti fermi siano stati giocati già all'interno di questa crisi e non ci sono più punti fermi da cui ripartire".
Qual è la sua ricetta per ripartire?
"Il punto di partenza è quello: cioè ripensare ai nostri legami comunitari, al senso del sacro, alla vita, al rapporto con gli altri, occorre dare contenuti e missioni alla vita. È un discorso molto più ampio e radicale rispetto a cui i paradigmi della società finanziaria e dei consumi sono assolutamente inadeguati".
Propone un ritorno alla tradizione e al passato?
"Non credo che oggi la soluzione possa essere contrapporre il mondo della tradizione come un mondo chiuso a se stante al mondo della modernità. Noi dobbiamo attraversare la modernità superarla ma non certo tornare indietro o immaginare dei modelli assoluti attinti dal passato".
Si parla di uscita dall'euro. Che idea si è fatto?
"L'euro ha acutizzato un processo, ma io credo che il problema sia quello di un potere assoluto dell'economia virtuale, finanziaria irreale rispetto a quella reale. Cioè quando si diventa così subalterni a quel tipo di modello poi si rimane inviluppati. Quindi all'interno di questa patologia l'euro ha funzionato da detonatore. Ora non so se un ritorno indietro sia possibile o se sia possibile una soluzione a latere, come le due velocità o come un sistema coerente a livello monetario mediterraneo senza inseguire il modello inaccessibile della Germania. Resta il fatto che buona parte delle crisi economiche sono scoppiate da quando è stato introdotto il sistema monetario unico".
E' stato giusto parlare dei suicidi sui giornali?
"Sono perplesso sui suicidi perché sui giornali vedo una concentrazione diffusa ma se leggo le statistiche non c'è stato un sostanziale cambiamento e l'impressione è che siano da inserire in una crisi esistenziale più che alla crisi economica che può essere il motivo scatenante per alcuni suicidi ma non è che fa aumentare il ricorso al suicidio. Ho impressione che diamo troppa importanza al fattore economico ma in realtà c'è una disperazione di fondo che si attacca all'economia ma non è derivata solo da questa".
Un percorso di letture per provare a reagire?
"Occorre uscire dalla convinzione che non ci sia niente da fare. La mia impressione è che il fenomeno sia irreversibile però credo che sia umano reagire e per reagire occorre leggere gli autori forti del passato: Seneca, Platone, Plotino. Oppure uno come La Touche con La Decrescita felice", che non è il rimedio reale della sua società però ci fa capire che il modello dei consumi illimitati è una utopia. Non si può pensare che la società progredisca sempre. Bisogna recuperare il senso del limite, del confine, recuperare il nostro rapporto col passato e col futuro.
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