Certo, bisogna votarlo il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan. E non sarà un aiuto a Prodi, ma la prova che lattuale governo è senza maggioranza. Inutile sperare, però, che si dimetta anche se da quel momento sarà un lemure, cioè lo spirito di un morto. Poi vedremo che cosa accadrà alle prossime Amministrative, che avranno un valore politico innegabile.
Non è improbabile che, pur dopo uneventuale possibile sconfitta, il governo voglia rimanere in carica, ma è chiaro che in questo caso la politica entrerebbe in un clima caratterizzato da nervosismi ed eccitabilità. È lì che si misurerà la saldezza democratica delle istituzioni, e soprattutto quali garanzie saprà dare il capo dello Stato. Potrebbe toccare ad un ex comunista, con un passato migliorista, persona perbene - questo va detto - di gestire uno dei momenti più problematici e difficili della Repubblica.
Sì, il caso Vicenza ha aperto il vaso di Pandora in cui in questi ventanni si sono rinchiuse le contraddizioni e le velleità, palesi e occulte, della nostra sinistra. Ora vagano nellaria, stanno esplodendo ed è impossibile ingabbiarle. Servono a poco le acrobazie verbali di leader come Prodi, Fassino o DAlema, che cercano di sventare i contraccolpi delle dissennatezze della sinistra radicale.
Fassino, che dei tre è forse il più sincero, non sa più come fare per riportare ordine e uniformità almeno nel suo partito. DAlema è un enigma, un personaggio si direbbe, «quale in questi ultimi anni sè sbracciato - basta aver letto i suoi libri - per accreditarsi come riformista; ora si sta sforzando di rendere credibile la sua distinzione tra il dissenso rivolto allamministrazione Bush e il valore che, dice, riconosce allalleanza atlantica.
Non siamo dei massimalisti a nostra volta e proveremo a ragionare su questa criptica posizione dalemiana. Verso lAmerica, a parte quel simpatico, «bye bye Condy» al segretario di Stato, egli fin qui ha prodotto atti di ostilità. Occasioni: Irak, Somalia, Iran, Israele, Libano e via dicendo.
In casi simili può valere la giustificazione che la politica estera viene fatta in rapporto con linteresse nazionale? Dove sta qui linteresse nazionale? Come allontanare il sospetto che fuoriesca invece un antiamericanismo entrato nelle visceri ai tempi del filosovietismo? DAlema, che intelligente lo è, non è possibile che non si renda conto dei danni che ha fatto certa sua politica estera, che ha incoraggiato - ecco il punto - la sinistra radicale, la quale lha intesa come una scelta politica precisa, tale cioè da consegnare lItalia ad uno scenario internazionale in cui ci sono Al Qaida, Hezbollah, Ahmadinejad, Chavez e quel che rimane di Castro in Sud America.
Come negare che è qui la ragion dessere, meramente ideologica, non cè dubbio della sollevazione di certa sinistra (Rifondazione, dilibertiani, Verdi e frange diessine) sul caso Vicenza. Che hanno a che fare la nostra cultura, le nostre tradizioni politiche e diplomatiche con una politica simile? Non silluda DAlema di cavarsela difendendo la nostra missione a Kabul.
Quanto a Prodi, egli ci convince ancor meno, sia con la sua politica interna (quanta prosopopea, quanto fariseismo in quel suo scritto sullultimo numero dellEspresso), sia con i suoi slalom nella politica estera. Del resto, egli viene dai ranghi dossettiani e lapiriani e, detto con franchezza, da lui non ci siamo mai atteso niente di diverso dallambiguità dimostrata nel caso Vicenza. Che vuol dire quel suo «il governo non si oppone» a proposito dellallargamento base americana? È un «sì» dovuto pronunciato di malavoglia. Non ci sarebbe stata neppure quellambiguo «sì» senza la «moral suasion» del Quirinale e la presa di posizione di Giuliano Amato.
Per finire, da liberali quali siamo non neghiamo a nessuno il diritto di esprimere anche le idee più folli, ma al presidente del Consiglio contestiamo che egli, come ha fatto nel suo articolo sullEspresso, accusi di «copioso esercizio di fantasia» chi dissenta da lui.
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