La Fifa, cioè il governo mondiale del calcio, ha inviato un «ammonimento» ufficiale alla Federazione brasiliana i cui calciatori, al termine della finale vittoriosa nella recente Confederations Cup in Sudafrica, hanno ringraziato Dio con una preghiera collettiva in mezzo al campo. Una preghiera esplicitamente cristiana, com’ovvio, vista la fede comune in Brasile. La Fifa censura: la religione deve stare alla larga dal calcio.
Non ci sembra una notizia di poco conto. Tuttavia, su giornali e tv ha trovato scarsissimo rilievo. Ci sbaglieremo, ma ieri l’abbiamo vista solo sul Corriere della Sera e su Repubblica. L’articolo del Corriere era ineccepibile. Quello di Repubblica, invece, ci ha fatti sobbalzare sulla seggiola. L’autore, infatti, subito dopo aver descritto il rito messo in scena dai calciatori brasiliani, e dopo aver rimarcato che molti indossavano «magliette alla Kakà (“I belong to Jesus”, appartengo a Gesù)», commenta: «Fosse stata una preghiera islamica, è il caso di dirlo, apriti cielo. Invece la faccenda è passata quasi sotto silenzio, almeno da noi».
Davvero stupefacente lo stravolgimento dei fatti e della realtà. Qui, è il caso di dirlo, è accaduto esattamente il contrario di quel che fa intendere Repubblica. Il cielo si è aperto proprio contro la preghiera cristiana dei brasiliani; mentre nessuno, tantomeno la Fifa, ha detto bah per una manifestazione altrettanto plateale, e anch’essa trasmessa in mondovisione, di pochi giorni prima.
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