A volte le soluzioni più interessanti, nellarte, sono quelle in cui le opere del presente dialogano con luoghi storici e architetture del passato. Ne è un esempio la dimora settecentesca, a pochi chilometri da Varese, del conte mecenate Giuseppe Panza di Biumo (1923-2010), oggi proprietà del Fai, che ospita una delle più importanti collezioni private di arte contemporanea americana. Oltre cento opere, fra tele e installazioni, acquistate dal conte in quasi cinquantanni di vita (gli altri 2.400 pezzi della collezione sono suddivisi tra il Moca di Los Angeles, il Guggenheim di New York e il Museo Cantonale dArte di Lugano), molte delle quali appositamente realizzate per i saloni della villa da alcuni dei più grandi nomi dellarte concettuale degli anni 60, allora pressoché sconosciuti.
Appassionato darte e pioniere di talenti, il conte fu tra i primi in Europa ad apprezzare e collezionare opere (ben visibili al primo piano della villa) di Rauschenberg, Rothko, Kline, Tàpies, quando ancora i musei e la critica non ne riconoscevano il valore; e ad acquistare nel 1962, anno della nascita della Pop Art, i primi Oldenburg e Lichtenstein. Così come diede fiducia a Dan Flavin quando i suoi lavori erano sottovalutati: «Tutti scoppiavano a ridere quando vedevano i tubi fluorescenti», raccontava divertito il conte a proposito delle installazioni realizzate dallartista newyorkese al secondo piano della dimora.
Ma ci sono almeno altre due ragioni per cui vale la pena visitare, in questi giorni, Villa Panza di Biumo. La prima (tempo permettendo) è il suo magnifico parco allinglese: un polmone verde di oltre trentamila metri quadri con due grandi fontane, la grotta, il laghetto, perfetto per trascorrere una domenica fuori porta con amici e bambini, resa ancora più piacevole dalle ricette dello chef Matteo Pisciotta del ristorante interno alla villa, servite alla carta o in versione «brunch». La seconda è la possibilità di ammirare, fino al 28 dicembre, la nuova mostra temporanea promossa e allestita dalla casa di moda Hermès nelle scuderie della villa. Si intitola «Photos Souvernirs au carrè» e raccoglie una selezione di 24 foulard in seta realizzati per la maison francese da uno degli artisti contemporanei più accreditati, il francese Daniel Buren. Che, caso vuole, già nel 68 aveva realizzato per il conte Panza lopera «White and Green Paper Collage», una grande installazione ambientale nelle stanze private del piano superiore. Per questo nuovo progetto (il secondo della griffe dopo l «Hommage au carrè» di Joseph Albers, nel 2008) Buren ha realizzato 365 foulard, pezzi unici (in mostra sono esposti 24 esemplari) stampando sulla seta, con la tecnica a getto dinchiostro, ambienti e particolari tratti dalle sue innumerevoli fotografie di viaggio («photos souvernirs»): fiori, tramonti, pavimenti geometrici, cupole barocche, paesaggi marini.
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