Vince la continuità: l’erede di Bin Laden è il grigio Zawahiri

Alla fine si tengono Sua Ideologia Ayman Al Zawahiri, il cervellone grigio ed irascibile, l'ombra saputella di Osama Bin Laden, il chirurgo fondatore ed ideologo, negli anni Settanta, della Jihad islamica responsabile dell'uccisione del presidente egiziano Anwar Al Sadat. A quei tempi Ayman al Zawahiri non è certo un gran condottiero. «È una bella testa, ma non sarà mai un capo» dicono di lui i suoi compagni di militanza. A 60 anni suonati è invece arrivato anche il momento di Ayman nominato, proprio ieri, erede e successore di Osama Bin Laden.
La nomina potrebbe essere letta come un segno del declino dell'organizzazione. Il sintomo dell'incapacità di Al Qaida di rigenerarsi attraverso la nomina di un leader giovane e carismatico. Ma la scelta, decisa dal Comando Generale e divulgata da Al Fajr, l'ufficio stampa dell'organizzazione, è soprattutto una dimostrazione di continuità. Nominandolo, Al Qaida fa capire di esser in grado di funzionare anche senza Bin Laden e di riuscire ancora a garantire i contatti tra i 30 o 40 personaggi al vertice. La continuità è anche legata alla necessità di vincolare la propria immagine ad un «marchio di fabbrica» consolidato, a un volto capace di garantire la sopravvivenza di un «franchising» messo a dura prova dalla scomparsa del fondatore. Al Zawahiri, instancabile protagonista di decine di video e audio messaggi, è anche l'unica voce capace di farsi ascoltare in un Medio Oriente dove la cosiddetta Primavera Araba rischia di marginalizzare il terrore integralista.
Ayman Al Zawahiri da questo punto di vista può vantare qualche titolo di merito. Oltre ad essere il nipotino di uno dei grandi ulema della Moschea Al Azhar del Cairo, simbolo dell'Islam egiziano, è anche un ex dei Fratelli Musulmani, l'organizzazione dove iniziò a soli 14 anni la carriera di militante. È insomma un vecchio reduce dell'organizzazione fondamentalista indiscussa protagonista delle prossime elezioni. Da ideologo di Al Qaida, Al Zawahiri è stato il primo a rendersi conto di quanto la rivolta anti Mubarak abbia messo all'angolo Al Qaida, evidenziando la sua totale mancanza di legami con le società mediorientali. Nei mesi precedenti l'eliminazione del suo capo, Al Zawahiri aveva già tentato di sintonizzarsi sull'onda dell'inafferrabile cambiamento. Oggi i suoi vecchi contatti egiziani rappresentano l'ultima speranza di uscire dalle gabbie del confine afghano-pakistano e cercare di guadagnar consensi tra le giovani leve dell'integralismo egiziano.
Il volto conosciuto dell'anziano braccio destro di Bin Laden serve anche a garantire un'autorità centralizzata ed evitare lo scollamento di alcune propaggini pronte a muoversi indipendentemente. La cellula di «Al Qaida nella Penisola Arabica» (Aqap) nello Yemen è il più evidente segnale dell'imminente disintegrazione di una costellazione sempre meno attratta dalla propria «base» (Al Qaida). La cellula yemenita può oggi contare su un leader come il predicatore Anwar al Awlaki, l'imam con passaporto americano nato nel New Mexico, e su un'organizzazione militare capace - grazie al disfacimento del regime di Sanaa - di controllare varie città del Paese. Forte di questi successi, la cellula yemenità punta ad estendere la propria influenza in Arabia Saudita e Somalia per trasformarsi nel nuovo faro del terrore militante.

E senza il volto noioso, ma noto, del vecchio Ayman la vecchia guardia rischia di perdere i contatti anche con Al Qaida Maghreb, l'altra appendice dell'organizzazione già strutturata autonomamente. La scelta del grigio Al Zawahiri sembra l'unica, insomma, in grado di salvare la sconquassata Al Qaida ed evitarle di trasformarsi in una «base» desolatamente vuota.

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