Vittoria italiana a Bruxelles: il comando passa alla Nato E i ribelli riprendono i pozzi

Umm Al GharaiqLa Sirte è a un passo. L’oro nero è tornato ai ribelli. Il destino del Colonnello è nelle mani della Coalizione e dei suoi piloti che da ieri sera rispondono direttamente alla Nato. La missione è infatti passata nella mani degli alleati, segnando un punto a favore dell’Italia. Succede tutto nell’arco di una giornata frenetica segnata dalla ritirata dei governativi e dalla corsa di un’armata ribelle avanzata di oltre 350 chilometri da venerdì notte a ieri sera. Il tutto senza sparare un colpo. Il tutto sull’onda del terrore e del senso d’impotenza instillato nell’animo lealista dai devastanti raid della Coalizione. Il secondo grande balzo in avanti inizia dai relitti ancora fumanti dei tank abbandonati alla porta occidentale di Ajbadya. La colonna si forma lenta, ma dopo le nove di mattina si tramuta in un immenso e caotico serpentone, muove pick up e camion appiattiti sull’asfalto dal peso di antiaeree quadrinate, batterie antimissili, materassini di fortuna. La caotica carovana trascina migliaia di ribelli di tutte le età aggrovigliati fra coperte e casse di munizioni pressati tra kalashnikov e granate. Ma gli unici colpi sono anche stavolta quelli sparati a raffica tra le nubi livide del mattino. Il nemico trasfigurato sabato in informi carcasse di acciaio e carne dai missili della coalizione oggi neppure si vede. Ha capito l’antifona, è scomparso. Fuggito in fretta e furia. Ripiegato nella speranza di ricollegarsi alla retrovia della Sirte. Se ancora esiste. A Brega tra le immense candide cisterne del terminale petrolifero non si vede anima. «Attenzione non entrate, i soldati di Gheddafi forse sono ancora qui, non sappiamo se sono scappati o si sono nascosti», urla Massad Bashui respingendo con una mitragliatrice usata come sbarra chiunque s’avvicini alla zona industriale. Ad aggiungere delirio alla confusione ci pensa un addetto alla vigilanza del terminale visibilmente infuriato per l’arrivo, dice lui, delle «pantigane di Bengasi». La frase tratta paro paro dal vocabolario del Colonnello scivola via tra gli slogan di vittoria dei ribelli che stringono il nostalgico guardiano e l’area industriale dietro uno sbarramento di armi e e mezzi.
Cosa succeda lì dietro è difficile dirlo. L’Università del petrolio e gli altri palazzi intorno all’area delle raffinerie appaiono intatti, ma desolantemente vuote. All’ospedale, appena dopo la grande moschea, tre donne coperte di nero da testa ai piedi fanno la fila assieme a bimbi e mariti. «La gran parte della popolazione è scappata quando sono tornati i militari di Gheddafi - spiega la capo infermiera Fatma Omar - quel giorno erano furiosi, litigavano tra di loro, un gruppo arrivato da Tripoli voleva mettere a ferro e fuoco Brega e uccidere, dicevano, tutti i nemici della Libia. Un altro gruppetto arrivato dal deserto voleva invece regolare subito i conti con Bengasi. Mentre discutevano si sono sparati addossi, poi hanno fatto irruzione nella corsia, si sono presi un ferito arrivato da poco e l’hanno ammazzato davanti dal cancello». La stessa atmosfera di incerta confusione t’accoglie verso le 15 al posto di blocco di Umm Al Gharanig. Zaki Abdul, un ex ufficiale con ancora addosso un’uniforme anni Ottanta raccomanda cautela. «Attenti, qui la gente sta con Gheddafi, sono stati loro due settimane fa a tradirci, a riaprire la strada ai mercenari del governo». Ma una ventina di chilometri più avanti la strada di Ras Lanuf, il terminale petrolifero più importante, è già libera. Le milizie di Tripoli di sono dissolte come neve al sole, ripiegate senza combattere. E ora tutto l’oro nero della Libia orientale è nelle mani dei ribelli. Ma la partita a questo punto non neppure la ricchezza. Mentre cala la notte i governativi fuggono ancora e l’avanguardia dei ribelli entra a Nawfaliya a cento chilometri dalla Sirte. Davanti hanno l’ultima roccaforte del Colonnello. Caduta anche quella si apriranno i cancelli di Misurata e di Tripoli. Ma per sfondarli ci vogliono le bombe. Se smetteranno di cadere il serpentone ribelle si consumerà tra l’asfalto e il sale. Se continueranno a colpire la fine del rais potrebbe rivelarsi assai vicina. Ieri sera la svolta a Bruxelles. Il comando unico della missione è infatti passato alla Nato.

I 28 Alleati hanno approvato i piani per assumere sotto la loro responsabilità la messa in atto di «tutti gli aspetti» della risoluzione Onu che autorizza a prendere «le misure necessarie» per proteggere i civili. L’Italia si è detta «soddisfatta» della scelta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica