Più tempestiva di così, con le Borse di tutto il mondo che bruciano miliardi alla velocità di un sms, la riapparizione di Michael Douglas nei panni del finanziere truffatore Gordon Gekko non poteva essere. E infatti al festival di Cannes le aspettative rispetto a Wall Street 2-Il denaro non dorme mai di Oliver Stone erano alte. Ma il sequel del film che nel 1987 portò regista e protagonista all’Oscar, che è stato presentato ieri fuori concorso alla rassegna francese e che arriverà in Italia il 15 ottobre, ha deluso la critica.
Nella trama si comincia dove era finita la vicenda narrata 23 anni fa: Gekko esce di prigione solo come un cane e con un libro scritto in cella il cui titolo riprende la sua massima dei bei tempi, «L’avidità è un bene». Insomma, benché invecchiato, il bucaniere della finanza è sempre lo stesso. Forse appena un po’ più umano, visto che vorrebbe riprendere i rapporti con la figlia (lei lavora per un sito non profit e il padre le chiede: che vuol dire non profit?). Chi nel frattempo è peggiorato, e di molto, è il sistema. Ovvero le banche. E nel nuovo contesto lo squalo Gekko torna a solcare il suo mare, quello dei soldi fatti coi soldi, quello in cui risuonano frasi come «l’idealismo è la morte degli affari»; «i genitori sono quelli su cui si fanno i denti i figli»; «se smetti di dire bugie io smetto di dire la verità su di te»; «la pazzia è quando si fa sempre la stessa cosa, ma ci si aspetta risultati diversi»... In quel mare si muove anche l’analista finanziario specializzato in energie alternative Jake Moore (Shia LaBeouf), fidanzato di Winnie (Carey Mulligan), la figlia di Gordon. Il vero cattivo della vicenda è il socio di una potente banca di investimenti Bretton James (Josh Brolin) che ha indotto al suicidio il mentore di Jake (interpretato da Frank Langella). E per vendicare l’amico il giovane Moore chiede aiuto a Gekko promettendogli di aiutarlo a riconquistare il cuore della figlia.
Come si diceva, la critica è rimasta delusa da un polpettone che frulla, con un finale inverosimile, due film: uno familista e l’altro economico. Il primo è apparso fasullo, incentrato com’è sul rapporto fra un padre ripudiato e una figlia tanto ecologista e alternativa... da avere come fidanzato un analista finanziario. Il secondo è invece sembrato frenetico e sostanzialmente incomprensibile per chi non mastica di finanza.
Quanto agli artefici del lavoro che aveva suscitato tante aspettative deluse, Stone, che ha già una mezza idea di fare Wall Street 3 («perché no? Abbiamo lasciato un finale aperto...»), prima della proiezione riservata alla stampa aveva spiegato: «È una storia di persone che barattano l’amore col potere e il denaro col bisogno d’amore. Mi interessano le vicende individuali attraverso le quali si comprende il contesto collettivo, il grande disastro. Con questo film cerco di spiegare alla gente com’è la politica monetaria della Federal Reserve. Quello che è successo nel 2008 ci ha costretti a cambiare la sceneggiatura, ma era giusto fare questo sequel». E, allargando il discorso: «Il capitalismo è in crisi. Non so se il sistema avrà il potere di correggere gli errori fatti fin qua. Di certo vorrei vedere riforme più serie in America, dove c’è un’enorme differenza tra chi ci ha guadagnato e chi no: gli amministratori delegati l’hanno fatto, i lavoratori no. Ed è un’ingiustizia a cui porre rimedio subito».
E Douglas, per nulla convinto che l’attualità del tema del film si rifletterà automaticamente in modo positivo sugli incassi («È il dilemma del marketing: convincere il pubblico del fatto che non ha già visto il film al telegiornale»), aveva detto: «Riprendere il ruolo di Gekko è stato elettrizzante».
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