L'ombra del 25esimo emendamento su Biden: continua l'assedio al presidente

Sempre più in salita la strada per Joe Biden che, secondo un'analisi del New Yorker, dovrebbe dimettersi per garantire maggiori chance di vittoria alla sua vice Kamala Harris

L'ombra del 25esimo emendamento su Biden: continua l'assedio al presidente
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Non accenna a placarsi la tempesta che ha travolto una settimana fa la Casa Bianca. I media Usa continuano infatti ad analizzare senza sosta gli effetti del dibattito televisivo in cui la disastrosa performance di Joe Biden ha riportato in primo piano i dubbi, mai del tutto sopiti, sulla sua effettiva capacità di guidare il Paese. E mentre all’interno del partito democratico sembra farsi insostenibile la pressione per convincere il presidente a ritirare la sua candidatura lasciando spazio alla sua vice Kamala Harris, comincia a farsi strada uno scenario che potrebbe condurre non solo alla fine della campagna elettorale del vecchio Joe da Scranton ma anche alla fine anticipata della sua presidenza. Obiettivo: impedire a Donald Trump di ritornare al 1600 di Pennsylvania Avenue.

Ad evocare l’opzione nucleare è stato il New Yorker che nelle ore in cui si celebrava la festa dell’indipendenza americana ha tratteggiato una possibile exit strategy per Biden volta a garantire alla Harris le migliori chance di vittoria contro il tycoon. Il raggiungimento di tale risultato, scrive la prestigiosa rivista, ruoterebbe attorno al 25esimo emendamento della costituzione Usa che prevede la rimozione sia volontaria che coercitiva del commander in chief in caso di incapacità a svolgere i suoi doveri. Esso nell’attuale contesto politico potrebbe persino rappresentare un’alternativa più “ordinata” rispetto al semplice ritiro di Potus dalla corsa elettorale e ad una conseguente lotta interna al partito per la nomina di un nuovo candidato.

Già solo la discussione tra i dem sull’emendamento in questione potrebbe spingere Biden a valutare le dimissioni. Se l’ipotesi di rinuncia alla Nixon viene considerata al momento improbabile, la Sezione Tre dell’emendamento consentirebbe all’esponente democratico di cedere volontariamente alla sua vice l’incarico di presidente senza però dimettersi del tutto. L’ingresso della Harris nello Studio Ovale, anche in qualità di presidente “facente funzione”, le permetterebbe, seppur in un arco temporale ridotto, di riorganizzare la campagna e consolidare la sua posizione di fronte ad un elettorato mai così confuso.

Ben più complicata, e al limite della fantapolitica, sarebbe invece la strada prevista in caso di rimozione forzata del presidente in base alla Sezione Quattro del 25esimo emendamento. Il vice e la maggioranza del gabinetto di governo potrebbero certificare l’incapacità di Biden a ricoprire l’incarico affidatogli dall’elettorato quattro anni fa ma a sua volta Potus potrebbe opporsi a tale decisione. A quel punto l’inabilità presidenziale dovrebbe essere confermata, oltre che dalla Harris e dalla squadra di governo, anche dai due terzi di Camera e Senato. Uno scontro istituzionale e in gran parte fratricida che farebbe a pezzi il partito democratico e regalerebbe la tanto agognata vittoria a The Donald.

Non è la prima volta che il 25esimo emendamento raggiunge una tale rilevanza nazionale. Dopo l’assalto al Congresso il 6 gennaio del 2021 da parte del popolo Maga, erano stati i democratici a minacciarne il ricorso contro Trump.

Adesso, a poche settimane dalla convention del partito dell’asinello prevista svolgersi a Chicago, il New Yorker si appella alla stessa fazione politica per defenestrare il loro massimo esponente e risparmiare agli elettori americani di assistere al decadimento psicofisico del loro presidente. Un declino che i nemici di Washington, e molti suoi alleati, interpretano sempre più come una metafora dello sconfortante stato di salute non solo di un individuo ma di un intero Paese.

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