Autonomia e detenute, fibrillazioni nel governo

La fuga in avanti di Zaia sulle materie accende la polemica. Fi si smarca sulle madri in carcere

Autonomia e detenute, fibrillazioni nel governo
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È bastata la fuga in avanti di una sola Regione, il Veneto del leghista Luca Zaia, per scatenare la guerra sull'Autonomia differenziata.

Guerra che offre alle opposizioni un terreno d'elezione per costituire un compatto «fronte popolare», che già si organizza con una panoplia di strumenti (referendum abrogativo con raccolta di firme, referendum abrogativo chiesto dalle Regioni - ne bastano 5 -, ricorsi alla Consulta) e agitando le bandiere del «pericolo secessione» e del Sud penalizzato. Ma che apre crepe anche dentro la maggioranza, che pure ha appena approvato compatta il famoso ddl Calderoli.

E la questione del regionalismo non è l'unica a segnare linee di faglia e visioni diverse nel centrodestra: nello stesso giorno in cui emergono le tensioni sotterranee sull'Autonomia, in Parlamento ci si divide anche sulle questioni etiche, dalla gravidanza surrogata alle madri detenute. Da un lato la radicalizzazione ideologica della Lega, dall'altra le tendenze più laiche e umanitarie di Forza Italia e della stessa Fdi, in linea con le tendenze del centrodestra europeo. Sulla maternità surrogata è il Carroccio a presentare un emendamento, in Commissione giustizia, al ddl che lo trasforma in «reato universale», per chiedere pene esemplari fino a dieci anni di carcere, e a 2 milioni di multa. A quel punto, nessuno segue la Lega. Il relatore di maggioranza e il governo danno parere contrario, e Fi e Fdi votano contro, insieme alle opposizioni.

Situazione simile sul caso delle madri detenute: l'azzurro Paolo Emilio Russo annuncia in commissione che Fi non parteciperà al voto degli inasprimenti di pena relativi a donne incinte o con prole: «Si può punire duramente chi reitera i reati anche senza fare vittime collaterali, costringendo bambini a vivere in carcere», spiega l'esponente di Forza Italia, illustrando la dissociazione dal resto della maggioranza: «Marchiamo il nostro dissenso su una parte di un singolo articolo senza rompere il vincolo di coalizione, astenendoci dal voto».

Sull'autonomia ieri, dopo la richiesta firmata da Zaia, che chiede al governo di trasferire al Veneto le competenze su 9 materie (dal commercio estero alla protezione civile alle casse di risparmio) per cui non è prevista la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), è arrivata la prima frenata da destra. Il siciliano Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile, Fdi, parla di richiesta «assolutamente precoce», certo legittima «in linea di principio», ma che solleva «problemi di opportunità». E registra le «perplessità» nella maggioranza, e in particolare nelle regioni del Sud, spaventate dai contraccolpi. Del resto governatori di centrodestra come il calabrese Occhiuto non ha celato le proprie resistenze all'autonomia «hard».

E ieri, mentre l'assessore leghista all'Autonomia del Piemonte Bussalino premeva sul governatore appena rieletto, Alberto Cirio, per fargli seguire l'esempio del Veneto; in Calabria molti sindaci di centrosinistra chiedevano a Occhiuto di associarsi alla richiesta di referendum già avviata dalle regioni a guida Pd: Emilia, Toscana, Campania, Puglia, e pure Sardegna. Su cui ironizza il governatore lombardo Fontana: «Immagino che rinuncerà allo statuto speciale, per onestà intellettuale».

Per la sinistra l'accelerazione del governatore veneto è un assist per unirsi su un fronte di battaglia comune, e puntare agli elettori del Sud spaventati. Il referendum è un rischio: ottenere il quorum, portando 25 milioni di cittadini al voto, sarà assai complicato: non a caso il navigato dem campano De Luca ha avviato la strada alternativa del ricorso alla Consulta contro l'autonomia. «Il referendum è una roulette russa», ironizza la Lega, che attacca il Pd: «Siete contro progresso, efficienza e taglio degli sprechi».

Ma il quorum non è questione dell'oggi: Elly Schlein guida la mobilitazione, arruola non solo M5s e cespugli vari ma anche Cgil, Anpi, Arci etc, e i suoi

organizzano il fuoco incrociato sul governo, per stanarne le contraddizioni. Chiedendo al ministro (leghista) dell'Economia Giorgetti di riferire in Parlamento sul peso che avranno le richieste di Zaia sui conti pubblici.

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