"Studiamo i motivi del naufragio per non perdere il terzo Mondiale". Intervista a Ignazio La Russa

Il presidente del Senato in versione tifoso: "Ora per noi la Svizzera è un'altra Corea. No dimissioni, però mi sarei aspettato una riflessione più lunga"

"Studiamo i motivi del naufragio per non perdere il terzo Mondiale". Intervista a Ignazio La Russa
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Presidente La Russa, lei era in tribuna a Berlino: come definirebbe l'eliminazione patita dalla Nazionale di Spalletti?

«La definizione giusta è la seguente: un disastro unico. La sensazione avvertita non è né rabbia né semplice delusione e il motivo è molto semplice: sapevo che la selezione svizzera sarebbe stata una rivale difficile da affrontare, ma pensavo che la Nazionale sarebbe stata in grado di stare in partita e di combattere. E invece ho come constatato una resa prima ancora di cominciare».

Ha una spiegazione per tutto questo amarissimo epilogo?

«Non voglio mettermi il cappello di commissario tecnico e per questo motivo non discuto di scelte tecniche o tattiche ma penso a un deficit di testa e di condizione fisica degli azzurri. E intendiamoci subito non voglio partecipare al processo nei confronti del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina o di Luciano Spalletti ct anche perché mi metto nei panni del numero uno della Figc: l'anno scorso è rimasto senza commissario tecnico in piena estate e si è ritrovato libero il tecnico del Napoli che aveva appena vinto lo scudetto. Era la scelta migliore da fare. Forse la federazione avrebbe potuto e dovuto mettere qualche paletto in più».

Intanto però tutto il mondo chiede le dimissioni.

«Ecco, e io non partecipo a questa gara: dico che avrebbero dovuto fare meglio tutti, presidente, commissario tecnico e giocatori. Non mi aspetto nessuna dimissione ma avrei preso tempo per una riflessione più accurata e non deciso dopo meno di 24 ore».

Presidente La Russa, lei sa bene che ci sono anche pressioni politiche per far dimettere Gravina

«E io divido in modo netto i due piani: discuto di calcio e non mi occupo di affari o risvolti politici legati a emendamenti e cose di questo genere. Sul piano calcistico sarebbe servita una più acuta riflessione. Io ricordo il precedente storico dopo la Corea del 1966: quanto accaduto con la Svizzera somiglia molto. All'epoca decisero di lasciare a casa il commissario tecnico Edmondo Fabbri. E dico che abbiamo il dovere di capire bene i motivi di questo naufragio, altrimenti rischiamo di perdere anche il terzo mondiale dopo i due precedenti».

Per la storia, dopo la Corea del 1966 ci fu un'autentica rivoluzione: frontiere chiuse, guerra aperta agli stranieri e agli oriundi e cambio di commissario tecnico

«Io mi trovavo a Vienna e in un bar ho assistito affranto, da tifoso, a quella famosa umiliazione con il gol di quel coreano che secondo una leggenda era un dentista. Poi ricordo che in quella circostanza Fabbri fu costretto alle dimissioni e se non sbaglio ci fu anche il ricorso ad un allenatore di club, Helenio Herrera. Più tardi, dopo un altro Mondiale disastroso in Germania, ci fu il ricorso a un monumento della panchina come Fulvio Bernardini per la ricostruzione del periodo d'oro seguito poi».

Ha sentito le spiegazioni di Gravina?

«Sì e devo premettere che ho stima del presidente Gravina ma non condivido il passaggio su Mbappé. Non mi pare che l'Austria abbia Mbappé, ho visto la prima parte della partita della Slovacchia e non mi pare che neanche loro avessero Mbappé. Secondo me è ingeneroso sostenere che abbiamo un organico molto debole. Ritengo che fossero frustati, magari qualcuno ha giocato in un ruolo che non sentiva suo, prima a 4 poi a 3 poi a 4 e mezzo. Mi chiedo: ma al posto di Di Lorenzo non poteva essere utilizzato Bellanova? Io giustifico gli errori perché è troppo facile giudicare col senno di poi. Forse c'era di meglio rispetto a Di Lorenzo».

Per concludere, Presidente La Russa, lei cosa farebbe? Non esistono anche responsabilità che vanno oltre la Nazionale e la Federcalcio?

«Ripeto la mia idea di fondo: c'era il tempo per fare una riflessione meno superficiale senza farsi condizionare da eventuali

intrecci politici. Anzi, per quel che mi riguarda la politica è bene che rimanga fuori da questa contesa. Ci sono due strade: confermare tutto come se non fosse accaduto nulla oppure procedere come si fece con la Corea».

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