Il salto che ci riporterà alla Grecia di Keynes

I cambiamenti e le rivoluzioni economiche sotto l'occhio della contemporaneità. L'incognita intelligenza artificiale

Il salto che ci riporterà alla Grecia di Keynes
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Quanto pagheremo di tasse con lanuova riforma fiscale? Quante saranno le aliquote di qui a tre anni? Quanto a lungo durerà l’imposizione del 37% sullo scaglione di reddito più alto? Domande attualissime, che ci poniamo in questi giorni mano a mano che avanza la riforma fiscale del governo Meloni. Ma non è di quella riforma che qui si parla, bensì delle correzioni al regime fiscale che il governo presieduto da Mariano Rumor si apprestava a varare nell’estate 1974. A quelle domande rispondeva puntualmente un articolo di prima pagina del neonato Giornale, poco sotto l’editoriale d’esordio di Indro Montanelli. Ma in quella prima pagina, era il 25 giugno, c’è un altro titolo economico, pure di stringente attualità: vi si commentano i danni dell’inflazione e la sua relazione con le monete, in particolare dollaro, marco tedesco e lira italiana.

Non è straordinario che, cinquant’anni dopo, i temi economici dibattuti siano grosso modo gli stessi? Il mondo è profondamente cambiato, i confini si sono allargati, quando non ristretti oaddirittura cancellati,male tensioni di fondo sono pressoché identiche. Amiamo ripetere cheil crollo delMuro di Berlino, simbolofisico della separazione tra blocco comunista e occidente capitalista, rappresenta uno spartiacqueepocale, avendoliberato energie che hanno accelerato il processo di globalizzazione delle economie, producendo nuova prosperità diffusa. Eppure viviamo le stesseidentiche paure. Intanto ha vistolaluce l’UnioneEuropea, conuna propriabanca centrale che ora governa la stabilità del sistema monetario incentrato su una sola valuta, l’euro, che hamandatoin pensionemonete secolari come lira, marco, peseta, franco francese, fiorino olandese e tutte quelle dei Paesi aderenti al Trattato di Maastricht. Ma ciò non ha impedito che, in piena rivoluzione web, a distanza di un secolo, una nuova Grande Crisi finanziaria aggredisse l’Europa. Abbiamo poi affrontato la pandemia, quindi gli effetti dell’aggressione russa all’Ucraina e l’orrore del massacro del 7 ottobre, che hanno reso tutto più complicato, innescando una nuova guerra dei dazi contro l’espansionismo cinese. Molti accadimenti di segno opposto, insomma, ma in fondo i totem attorno ai quali ci accapigliamo sono gli stessi di 50 anni fa.

Sarà così anche tra cinquant’anni? Probabilmenteno. Sela rivoluzioneindustriale ha spalancato gli orizzonti imprimendo alle economie velocità mai immaginata, il travolgente impatto dell’Intelligenzaartificiale rappresenta per la società, l’economia, la politica e la stessa democrazia quello che i fisici chiamano “salto quantico”, dall’approdo però ignoto. Papa Francesco ha definito l’IA «strumento affascinante e tremendo», aprendo la strada a un’analisi sconvolgente di Mario Rasetti, presidente del Comitato scientifico Centai, sulla «privatizzazione della conoscenza».

Ora, pur non avendo personalmente una visione catastrofista, il fatto che colossi come Microsoft o Google valgano ormai svariati trilioni di miliardi, cioè molto più del Pil di gran parte dei partner dell’Ue, mi spinge a interrogarmi su quale futuro stiamo aprendo a noi e ai nostri figli. Come non temere un processo di trasformazione delle regole che in pochi anni porteràametterein discussionelaforma degli Stati nazionali e della democrazia così come li conosciamo oggi? È un fatto che l’innovazioneè ormaifuori dal perimetro dei singoli governi, visti i costi esorbitanti per lo sviluppo dell’IA. Ed è unfatto che per mancanza di adeguate risorse nelle istituzioni pubbliche tutto ciò avvenga nei laboratori dei colossi tech, e dunque lontano dalle università, cioè dai luoghi che nei secoli sono stati la culla del sapere e dello sviluppo sociale ed economico.

Probabilmente l’attitudine previsiva di una IA sempre più “informata” consentirà di attenuare le storture provocate dai fenomeni inflattivi; e probabilmente le criptovalute avranno risolto il problema dei pagamenti istantanei da una parte all’altra dal globo riducendoi rischi valutari che ancora oggi tengono banco.

Avremo poi modo di verificare se davvero il nuovo paradigma riuscirà a generare le centinaiadimilioni di posti dilavoro che ciassicura il Centro Gartner, oltre a misurare la consistenza della profezia di JohnMaynard Keynes secondo cui il progresso tecnologico avrebbe ridotto significativamente l’orario di lavoro riportandoci ad una condizione simile a quella dell’AnticaGrecia, dove gli uominiliberi si dedicavano alla filosofia e gli “schiavi” (oggi le macchine) lavoravano per loro. Una scommessa suggestiva, che potremo verificare solo nel corso dei prossimi cinquant’anni.

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