«Le tecnologie verdi sono un'assicurazione sul futuro». Antonio Navarra, climatologo e presidente del Cmcc (Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici) ribadisce la necessità di un complessivo ripensamento dei sistemi produttivi. Il global warming, cioè l'aumento delle temperature a livello mondiale, non è solo una teoria, ma un dato di fatto oggettivamente riscontrabile. «Numerosissimi studi condotti da gruppi internazionali di scienziati hanno individuato quali siano i possibili climi in equilibrio con le diverse ipotesi di emissione di anidride carbonica», spiega Navarra, aggiungendo che «gli andamenti attuali dei livelli di CO2 corrispondono a uno spostamento generalizzato delle fasce subtropicali con conseguente aumento della temperatura e riduzione delle precicipitazioni».
L'Italia è uno dei Paesi che rischia di soffrire maggiormente gli effetti di queste possibili mutazioni del clima poiché si trova al «confine» tra l'area climatica temperata continentale e quella subtropicale. È chiaro che un innalzamento delle temperature nei prossimi decenni di 3-4 gradi potrebbe provocare danni quasi irrimediabili anche se, specifica Navarra, «non si può parlare di possibile desertificazione perché questa dipende da molti fattori», tra i quali lo sfruttamento del suolo e la conseguente compromissione del ciclo dell'acqua. Di qui l'importanza degli accordi di Parigi che «prevedono una riduzione parziale e su base volontaria delle emissioni di CO2». Maggiori saranno gli sforzi in questa direzione minori saranno i rischi. In caso contrario, l'incremento delle temperature medie potrebbe collocarsi nella fascia alta del range di previsione amplificando gli effetti negativi del riscaldamento.
La diminuzione dello sfruttamento dei gas serra e le
politiche di contrasto dell'inquinamento, conclude Navarra, rappresentano pure «un'opportunità di innovazione tecnologica e di sviluppo, una possibilità di sviluppo da sfruttare e, soprattutto, un'assicurazione sul futuro».GDeF
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