Afghanistan, Obama va in tv e annuncia il ritiro "Dobbiamo concentrarci sulla nostra nazione"

I soldati americani che lasceranno l’Afghanistan saranno 10mila quest’anno e altri 33mila entro la fine del 2012. Ritiro totale entro la fine del 2014. In un discorso alla nazione Obama ha spiegato che gli Usa hanno sostanzialmente raggiunto gli obiettivi. I talebani: "Gesto simbolico". Karzai: "Buona decisione". Guarda il video

Afghanistan, Obama va in tv e annuncia il ritiro 
"Dobbiamo concentrarci sulla nostra nazione"

Washington - Tutto come previsto. Obama ha dato l'annuncio ufficiale del ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan. Ritiro che, ovviamente, sarà graduale: quest'anno torneranno a casa diecimila soldati. Altri ventitremila entro la fine della prossima estate. Tutti a casa (100mila) entro il 2014. "Stiamo raggiungendo i nostri obiettivi", ha detto il presidente in un discorso trasmesso in diretta tv. Aggiungendo poi che "il ritiro avviene da una posizione di forza". E che gli Stati Uniti si sentano forti è confermato dal fatto che la prima tranche dei soldati che torneranno in patria è superiore al numero raccomandato dal generale David Petraeus, comandante americano in Afghanistan. E' da questo particolare che si nota subito che al di là delle valutazioni militari sulla decisione hanno pesato interessi politici. Obama vuole dare un segnale forte (l'America è stanca dei conflitti e non può che apprezzare il ritiro, anche se la guerra è tutt'altro che vinta) e guarda già alle elezioni del 2012. 

La guerra non è finita Nel dicembre 2009 Obama aveva deciso di inviare 30.000 soldati in più per dare la spinta decisiva contro i talebani. "Allora ci eravamo dati obiettivi chiari: riportare l'attenzione su al Qaeda, rovesciare l'avanzata dei talebani, e addestrare le forze di sicurezza afgane perché difendessero da sole il loro paese. Stasera posso dirvi che stiamo rispettando quell'impegno", ha detto. Una dichiarazione di successo, ma non si può ancora cantare vittoria. E questo Obama lo sa bene: "Abbiamo inflitto perdite serie ai talebani e preso diverse loro roccaforti. Ma è solo l'inizio, non la fine, della chiusura di questa guerra".

Ritiro progressivo Le truppe americane continueranno a tornare a casa a un ritmo sostenuto mano a mano che le forze di sicurezza afgane prenderanno il comando. "La nostra missione - ha chiarito il presidente - cambierà dal combattimento all'appoggio". Dopo aver ringraziato tutti gli alleati dell'Isaf, Obama si è soffermato sul Pakistan, "con il cui appoggio abbiamo eliminato più di metà dei capi di al Qaeda". Una pacca sulla spalla dopo le polemiche per la presunta "copertura" di Bin Laden. 

Ora negoziato coi talebani In vista della pacificazione dell'Afghanistan, obiettivo cruciale, Obama ha spiegato che l'America appoggerà i negoziati "anche con la partecipazione dei talebani". Questo è uno dei passaggi cruciali della svolta di Obama, peraltro già trapelata nelle ultime settimane: "Anche grazie al nostro impegno militare, abbiamo ragione di credere che si possa fare progresso" verso un Afghanistan pacifico e verso "un obiettivo raggiungibile, nessun rifugio da cui al Qaeda possa lanciare attacchi contro di noi o i nostri alleati. "Ma non cercheremo di fare dell'Afghanistan un posto perfetto".

Pensiamo a casa nostra Gli Stati Uniti sono stanchi di combattere. Un sentimento che Obama ha cercato di interpretare, parlando sia di Afghanistan che di Iraq, dove restano quasi 50mila soldati in missione di appoggio al governo locale: "Metteremo responsabilmente fine a queste lunghe guerre. America, è arrivata l'ora di concentrarsi sulla ricostruzione nazionale qui, a casa".

I tagli alla spesa militare Al di là della retorica uno dei motivi principali  alla base dell'annuncio di Obama è la necessità di tagliare la spesa pubblica. La situazione non è facile e nel Congresso si allarga il numero di chi chiede di ridurre i costi ritirando le truppe in modo massiccio. Anche i repubblicani sembrano voler seguire Obama: il capo della maggioranza repubblicana alla Camera, John Boehner, ieri ha detto che appoggerà il presidente se questi concorderà la linea coi generali e i diplomatici Usa impegnati nell'area.

Al Qaeda non è ancora morta I documenti recuperati nel covo di Abbottabad, in cui si nascondeva Osama bin Laden, mostrano che al Qaeda "soffre enormemente" ed è "incapace di sostituire efficacemente" gli alti dirigenti della rete terroristica che sono stati uccisi. Questi documenti, ha spiegato Obama, segnalano che "Bin Laden era preoccupato del fatto che al Qaida non si mostrasse capace di sostituire i leader terroristici che sono stati uccisi e del fatto che (l’organizzazione) non fosse riuscita a rappresentare l’America come una nazione in guerra contro l’islam", ha commentato Obama. In ogni caso, ha sottolineato il presidente Usa, al Qaida resta "pericolosa" e per questo occorre rimanere "vigili". "Ma abbiamo messo al Qaida sulla strada della sconfitta e non ci fermeremo fino a quando il nostro lavoro non sarà ultimato", ha avvertito l’inquilino della Casa Bianca.

La critica dei talebani A stretto giro di posta è arrivata la replica dei talebani afghani. "La riduzione delle forze americane in Afghanistan non è la soluzione del problema", ha detto il portavoce Zabihullah Mujahid. Secondo Mujahid "nella sostanza gli americani non hanno alcuna intenzione di lasciare l’Afghanistan".

Karzai è soddisfatto  Il presidente afgano Hamid Karzai accoglie la decisione di Obama con soddisfazione. "Salutiamo oggi l’annuncio fatto dal presidente degli Stati Uniti. Pensiamo che si tratti di una buona decisione per loro e per l’Afghanistan".

L'ombra di Teheran su Kabul Sempre più forti sono i segnali che indicano un avvicinamento tra il governo iraniano e quello afghano. I rapporti tra i due paesi sono migliorati sensibimente negli ultimi tempi e questi progressi rischiano di accelerare ulteriormente con l’annuncio dell’inizio del ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan già a fine anno. Le dichiarazioni di Obama, infatti, potrebbero convincere Kabul a riposizionarsi nella regione e a guardare al vicino iraniano, considerato finora sempre con una certa diffidenza, come nuovo partner strategico.

Per il momento l’alleanza Teheran-Kabul ruota intorno alla lotta al terrorismo e al narcotraffico, ma sono già in molti a prevedere in futuro che possa nascere un vero e proprio asse destinato a ridisegnare gli equilibri geostrategici. Possibile che l'amministrazione Obama non ci abbia pensato?

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