Ahmadinejad ci riprova: «Inchiesta sull’Olocausto»

Cauta apertura di Teheran alle offerte Ue-Usa sul nucleare: «Un passo avanti»

Gian Micalessin

Prima un mezzo sorriso sul nucleare, poi un ghigno e una proposta ambigua su quella questione dell’Olocausto diventata il suo cavallo di battaglia. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in visita a Shanghai approfitta del viaggio tra gli amici ed alleati cinesi per lanciare messaggi e segnali anche ad Europa e Stati Uniti. Il primo, incoraggiante, riguarda il pacchetto di proposte ed incentivi presentato a Teheran due settimane fa dal capo della politica estera Javier Solana. Quel pacchetto pieno di regali appetitosi - depurato da qualsiasi riferimento a possibili sanzioni in caso di mancata accettazione - sembra soddisfare anche l’esponente più polemico della gerarchia di potere iraniana. Quando il contenuto di quelle proposte era segreto Ahmadinejad non esitava a liquidarle come «dolcetti in cambio di oro». Dopo aver guardato dentro il pacco il presidente sembra aver cambiato idea. Ora i regali offerti da Solana a nome dell’Europa e degli Stati Uniti vengono giudicati «un passo avanti» anche se il presidente si guarda bene dal rivelare quando il suo Paese fornirà una risposta ufficiale. «I miei colleghi stanno considerando con molta attenzione il pacchetto di proposte offerto da sei Paesi alla Repubblica Islamica dell’Iran – fa sapere il presidente - e daranno la loro risposta a tempo debito».
Subito dopo il presidente pasdaran, già accusato di antisemitismo per le sue uscite su Israele e sullo sterminio degli ebrei, non tralascia un sillogismo ad effetto sull’Olocausto per rilanciare le accuse allo Stato ebraico e proporsi come paladino della causa palestinese. «Riguardo a quest’argomento si è parlato a sufficienza, ora gli eventi devono essere indagati e studiati da persone imparziali e indipendenti - esordisce il presidente – bisogna capire se questi crimini siano avvenuti oppure no. Se è così bisogna punire i responsabili e non i palestinesi. Se invece non è successo nulla gli ebrei devono andarsene e tornare da dove sono arrivati».
A far discutere, più del sibillino sillogismo sull’Olocausto, è l’incoraggiante approccio con cui Ahmadinejad tratta le proposte europee ed americane. Ovviamente tutti si chiedono se la svolta presidenziale sia solo un “escamotage” studiato per prender tempo o rifletta invece un sostanziale cambiamento d’idee. Chi ha deciso di fidarsi sottolinea la carica attrattiva di una proposta che offre in un colpo solo all’Iran la parziale fine dell’embargo statunitense, trattative alla pari con Washington, un reattore nucleare ad acqua pagato dalla comunità internazionale e l’entrata nell’Organizzazione del Commercio mondiale. Il tutto in cambio di una sospensione lunga, ma solo temporanea del processo d’arricchimento. I più sospettosi, decisi a non fidarsi di Ahmadinejad, ricordano i toni assai diversi con cui s’è espresso non più tardi di 24 ore prima, la “suprema guida” Alì Khamenei, cui spetta la decisione finale sulle questioni nucleari. «La Repubblica Islamica non si piegherà ad alcuna pressione perché la continuazione di questa ricerca dedicata al progresso scientifico rientra nei nostri diritti fondamentali» aveva detto Khamenei facendo intravedere un imminente no agli incentivi di Europa e Stati Uniti. I pessimisti sottolineano anche la parte del discorso in cui Ahmadinejad ricorda che a star decidendo sono - in queste ore - i suoi colleghi. Una frase ad effetto studiata forse per far capire di essere estraneo al processo decisionale.
I leader europei, riuniti a Bruxelles, hanno intanto ribadito la necessità di «una risposta pronta e positiva» da parte iraniana.

Da Washington Stephen Hadley, consigliere per la Sicurezza nazionale statunitense, ricorda che - accanto alla strada degli incentivi illustrata dal documento di Javier Solana - esiste anche l’ancor segreto percorso punitivo messo a punto per sanzionare un eventuale no iraniano agli incentivi. «Mi sembra molto chiaro - ha detto Hadley - in caso di rifiuto affronteremo un cammino diverso e questo comporterà conseguenze per il governo di Teheran».

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