Allarme in Inghilterra «Chi arriva quinto rischia la bancarotta»

Filippo Grassia

La qualificazione in Champions League rappresenta la variabile impazzita del calcio europeo: lo afferma senza mezzi termini una ricerca compiuta dagli esperti del “Football Governance Research Center” di Birkbeck, presso l’Università di Londra. Per alcune società può significare la sopravvivenza o il fallimento. È il caso del Tottenham che si trova in grosse difficoltà finanziarie dopo essere stato scavalcato al quarto posto dai cugini dell’Arsenal proprio nell’ultima giornata dello scorso campionato: addio Europa, addio ricavi. Al club londinese è rimasta in dote solo una inutile iscrizione alla Coppa Uefa dove i ricavi televisivi sono ridicoli rispetto a quelli della competizione maggiore. Poca cosa per rimediare al fallimento della gestione precedente.
Di altra portata le cifre di Champions League a cominciare dal “fee” d’ingresso pari a 2,5 milioni di franchi svizzeri (un milione e 600mila euro al cambio di ieri) che riguarda anche le squadre qualificate ai preliminari. Il montepremi si ingrossa di turno in turno. La partecipazione alla prima fase vale 3 milioni di franchi svizzeri (poco meno di 2 milioni di euro) e può addirittura raddoppiarsi grazie ai premi che l’Uefa eroga in caso di vittoria (320mila euro) o pareggio (160mila euro) nelle sei partite in programma. E poi: un milione e 600mila euro a chi accede agli ottavi; 2 milioni scarsi a chi arriva ai quarti; 2,5 alle semifinaliste; quasi 4 milioni alla finalista; oltre 6 milioni alla vincitrice. La squadra che arriva in fondo porta a casa circa 20 milioni di euro ai quali vanno aggiunti contratti pubblicitari e diritti tv. Il calcolo viene effettuato in base al Paese di provenienza e al posto occupato nel rispettivo campionato. Nel 2004-05, ad esempio, il Chelsea incassò 3 milioni di euro più del Milan (sconfitto in finale dal Liverpool) benché si fosse arenato in semifinale. Immaginatevi cosa ha significato per la Fiorentina perdere la Champions League grazie a Calciopoli.
Enorme la differenza tra la partecipazione alla prima fase della Champions League (all’incirca 3,5 milioni di euro) e l’iscrizione alla Coppa Uefa che non garantisce un euro. «Di questo passo la differenza tra il quarto ed il quinto posto in campionato avrà un'influenza devastante nel bilancio di una società. Nel 1993 il 27% dei proventi totali della Champions League finiva nelle casse dei cinque club più forti, nel 2005 la somma è salita al 47%. Alle altre squadre sono andate le briciole di una torta comunque importante. È quindi necessaria una riforma urgente», ha affermato la professoressa Christine Ougthon, coordinatrice della ricerca.

Un passo in avanti sarà fatto gestendo meglio la Coppa Uefa che, per esempio, non prevede la vendita centralizzata dei diritti tivù. Parlatene pure con Livorno, Chievo e Palermo che hanno ceduto, quando poi ci sono riuscite, i diritti tivù per un piatto di minestra.

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