Altro Br in isolamento scrive sul web

«Ha il divieto di parlare con chiunque transiti davanti alla sua cella. Può uscirne solo per usufruire dell’ora d’aria, ma da solo, ed è perciò costretto a un isolamento totale». Così, fino a dieci giorni fa, il legale di Claudio Latino, denunciava le «inaccettabili» condizioni del proprio assistito, in carcere a Milano dal 12 febbraio scorso nell’ambito dell’inchiesta sulle nuove Brigate rosse. Eppure ieri, a dispetto di quanto lamentava il suo avvocato, Pippo Pelazza, e gli altri legali impegnati nella difesa dei nuovi brigatisti, da quell’isolamento Claudio Latino è uscito con un proclama che ha i toni e i contenuti di chi della lotta armata vuole fare una bandiera, senza ritrosie né pentimenti.
In una lettera pubblicata sul sito Internet «Secours Rouge International», Latino parla di «borghesia imperialista che ingrassa» e della «necessità della via rivoluzionaria». Proprio come era avvenuto il 6 aprile scorso con Alfredo Davanzo, il presunto ideologo delle nuove Br, Latino scrive ai «compagni» ringraziandoli per una lettera ricevuta e ricambiando il favore. Nonostante la censura della posta sia applicata a lui e agli altri arrestati. «La via rivoluzionaria conquista simpatia - spiega Latino - tra chi ha ormai la consapevolezza che le proprie condizioni materiali di vita e di lavoro sono destinate a peggiorare mentre gli utili del capitale monopolistico aumentano. La crisi del loro sistema si approfondisce e la borghesia imperialista ingrassa». «Oggi - aggiunge Latino - si può dire che l’imperialismo è la continuazione dello sfruttamento capitalistico con altri mezzi (...). Naturalmente tutto questo acuisce le contraddizioni e la necessità della via rivoluzionaria affiora anche nella percezione dei proletari che vivono nei Paesi imperialisti come il nostro. La solidarietà nei nostri confronti ne è in qualche modo il riflesso».
Nessun pentimento, dunque. Anzi la possibilità di diffondere il proprio pensiero rivoluzionario al di fuori del carcere. Come ciò sia avvenuto rimane ancora inspiegabile, considerata la censura della posta, in entrata e in uscita, applicata a lui e altri detenuti per terrorismo.

Tenta di spiegarlo al Giornale, uno degli avvocati dei nuovi brigatisti, Alessandro Clementi: «I nostri assistiti hanno il diritto di scrivere quello che ritengono opportuno. Se la censura ha valutato che il documento potesse uscire dal carcere, evidentemente ha ritenuto che si trattasse di una lettera lecita».

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