Amato s’è tolto il velo

Di buono, si fa per dire, nell'articolo scritto per la rivista Reset da Giuliano Amato, e anticipato con grande risalto, come si usa dire, dal Corriere della Sera, c'è che finalmente il ministro dell'Interno getta la maschera e si rivela per quello che orgogliosamente si sente, un teorico contemporaneo del relativismo culturale o, per meglio dire, della resa della nostra nazione, e non all'Islam, ma all'integralismo islamico e al suo figlio naturale, il terrorismo. Nei mesi scorsi la linea del governo che, se non sarà fermata, ci condurrà dritti dritti verso l'instaurazione di Itabia, si comprendeva obliquamente, attraverso decisioni sconcertanti, come la costruzione di una seconda inutile moschea a prezzi di favore a Bologna, e frasette imbarazzanti, come «meglio il velo delle veline», quasi sempre ideate proprio dal ministro dell'Interno.
L'offensiva ideologica vera e propria, nel nome e nella scia di Tariq Ramadan, il cattivo maestro che ormai inganna solo la sinistra italiana, perché perfino in Francia l'hanno smascherato da tempo, è partita proprio da Reset, che ha chiesto la messa all'indice, con tanto di raccolta di firme, del giornalista Magdi Allam, il quale vive sotto scorta da qualche anno. Allam è anche vice direttore del Corriere della Sera. Ora con l'articolo del ministro può forse considerarsi completato il dibattitone su buoni e cattivi, dialogo sì o dialogo no, ed è ufficiale che gli islamici liberali e gli italiani consapevoli, che sono tanti e tutti preoccupati, debbano aspettarsi vita difficile, non per colpa solo degli integralisti.
Lo ha capito benissimo Souad Sbai, presidente della Confederazione dei marocchini in Italia, e membro della Consulta per l'Islam italiano del Viminale. La sua dichiarazione alle agenzie dice: «È l'inerzia del governo e delle istituzioni che non fanno nulla per isolare estremisti e integralisti a provocare un'ondata di ostilità contro il mondo islamico nel suo insieme. Giusto dialogare ma prima bisogna fare piazza pulita dei predicatori d'odio». «È più di un anno che esiste la Consulta - aggiunge - eppure nulla è stato fatto per risolvere almeno uno dei tanti problemi legati all'integrazione dei musulmani. Le donne musulmane continuano ad essere picchiate e segregate, mentre gli estremisti della Consulta continuano indisturbati a porre ogni giorno i loro diktat. Si è tanto parlato della Carta dei Valori, ma non si è riusciti a far accettare ai fondamentalisti nemmeno due principi basilari della società italiana, quali la parità dei diritti tra uomini e donne e la libertà religiosa. È questa inerzia delle istituzioni che ci preoccupa. Sono anni che chiediamo una scuola di formazione degli Imam o la chiusura delle moschee più estremiste, come già avviene in alcuni Paesi arabi, ma nessuno ci ascolta, e a pagarne le spese è proprio e unicamente l'Islam moderato che noi cerchiamo di far crescere, e che invece trova così poca attenzione nel governo e in tanti circoli intellettuali di questo Paese».
Lo capisco benissimo anch'io, visto che l'invettiva contro l'Occidentalismo manicheo di Giuliano Amato si conclude indicando, sia pure senza fare, come sarebbe corretto, nomi e cognomi, coloro che con la scusa della chiamata alle armi contro il terrorismo, rischiano di allargarne l'influenza e gli adepti, e «ciò è tanto più grave in quanto accade non soltanto a opera di chi fa per professione il solleticatore di pance e il cercatore di applausi, ma anche da parte di chi assolve a professioni intellettuali».
Capiamo benissimo che per il ministro dell'Interno, massimo responsabile della sicurezza e anche della sovranità della nazione, l'Ucoii degli integralisti e dei poligami è più affidabile dell'Acmid, che vuole proteggere le donne, di Souad Sbai. A proposito di donne, ecco un altro assaggio della prosa amatiana: «Se le donne musulmane portano il velo o chiedono di essere visitate soltanto da ginecologhe, vogliamo desumerne che si tratta di diversità inaccettabili, perché sempre e in ogni caso espressive di inaccettabili prevaricazioni maschili, oppure vi riconosciamo sensibilità identitarie legittime, certo rimovibili, ma rimovibili solo per volontà delle donne che ne sono portatrici?». Ci sono molte donne che potrebbero rispondergli, quelle ancora vive, ammesso che qualcuno le faccia uscire dalla segregazione nella quale qui in Italia è tenuto l'ottantacinque per cento di loro; ma al ministro questo non interessa, ha deciso, come l'Ucoii, che tutte le donne che portano il velo vogliono il velo, così si sta più tranquilli. Di più, si domanda e si risponde: «Qual è il valore che assegniamo alla convivenza fra diversi e quindi alla goccia della conoscenza che essa fa penetrare nella roccia dei pregiudizi, creando le condizioni perché li si rimuova e non vengano più creduti coloro che li sfruttano a fini politici?».
Grazie, signor ministro, la roccia dei nostri pregiudizi da oggi sappiamo come bucarla: obbligo del velo, ragazze chiuse in casa, soldi alle moschee senza controlli sull'uso, poligamia, matrimoni celebrati da imam fai da te, scuole coraniche.

È tutta conoscenza, che ci aiuterà a guarire dal manicheismo, dalla convinzione orrenda che la nostra sia una civiltà da difendere, per questo arrivano da altri Paesi, mentre siamo vecchi e pure cristiani, che non è una bella cosa. Il suo articolo non è grave, è gravissimo. Un tempo qualcuno diceva che lei andava utilizzato esclusivamente come tecnico. Ecco.
Maria Giovanna Maglie

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