Anche la gastronomia è cultura

(...) Romania e le fave della Calabria. La sagra era nata come una forma per far conoscere un prodotto locale, confezionato dalla gente del posto e secondo una tradizione tipica del paese.
Oggi in Liguria non è più così, salvo le rarissime e dovute eccezioni. La sagra è diventata un’operazione commerciale, e nello stesso tempo la gente, che ha ormai perso il sapore delle buone cose fatte in casa, si illude di mangiare ancora qualcosa di genuino andando alle sagre, ma snobbando, ad esempio, certe osterie che ancora si trovano, in riviera come nell’entroterra, dove veramente si cerca di cucinare secondo le antiche regole.
Non voglio far pubblicità, ma spesso ceno volentieri in una friggitoria di Chiavari, in piazza Fenice, dove dal 1925 si cucina secondo la pura tradizione ligure, si spende pochissimo e si gustano piatti che hanno il sapore della nostra terra.
Forse tutto ciò è dovuto alla scomparsa della cultura del cucinare che avevano le nostre mamme e le nostre nonne: quel mettersi ai fornelli al mattino presto per preparare «u tuccu» o il minestrone, o passare interi pomeriggi a impastare per poi tirare la sfoglia delle torte pasqualine o dei ravioli.
Dice sempre un mio amico che le mogli non sono più le stesse da quando non fanno più il polpettone. Mai verità fu più sacrosanta: il polpettone, oltre ad un prelibato secondo piatto cotto al forno, è anche l’esempio classico dell’economia in cucina; realizzato con gli avanzi non consumati, consente di non buttare via nulla. E ben sappiamo quanto oggi si spreca nelle cucine degli italiani.


Concludendo, se vuole assaporare una torta pasqualina fatta come si deve, mi dica quando, e sarò lieto di farle assaggiare quella che fa mia moglie, con le bietole dell’orto e con la pasta tirata a mano. Per ora si accontenti della fotografia…
Cordialmente.

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