Angeletti: "Cgil ferma alla lotta di classe"

Il leader Uil Luigi Angeletti: "La Cisl ha ragione, è inutile colpire i redditi alti. Combattiamo l’evasione, tagliamo le tasse ai meno abbienti". E incassa le lodi di Berlusconi

Angeletti: "Cgil ferma alla lotta di classe"

Cernobbio - Un nuovo tipo di sindacalista si aggira per l’Italia. Anche quassù, sulle sponde del lago di Como.

«Il problema non è quanto siano veri, o verissimi, i soldi per finanziare le imprese. E nemmeno quanti siano. Il problema è che arrivino velocemente, prima che la situazione occupazionale peggiori ulteriormente», si preoccupa Luigi Angeletti dando implicitamente ragione al presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Del resto, che il segretario generale della Uil assomigli da tempo a quel nuovo tipo di sindacalista, non è una novità. E ieri, nella giornata conclusiva del Forum Confcommercio di Villa d’Este, ne ha avuto pubblico riconoscimento dallo stesso Silvio Berlusconi, che al suo ingresso in sala ha interrotto il proprio intervento per lodare questo atteggiamento costruttivo e di cooperazione.

Lei che fa, Angeletti, ricambia il complimento al Cavaliere?
«Devo senz’altro riconoscere che su questo fronte il governo sta facendo qualcosa di innovativo. Speriamo che ora riesca a realizzarlo in tempi che non siano quelli consueti della nostra macchina pubblica. La velocità, purtroppo, non è un elemento che la classe politica italiana è abituata a prendere in considerazione».

Che cosa significa per lei velocità, in un momento drammatico come questo?
«Significa che se nel 2009 sarà stata spesa anche soltanto la metà di quanto è stato stanziato, avremo già effetti visibili. Dobbiamo però purtroppo constatare che al momento non è stato speso ancora un euro. E non è soltanto questa, la velocità che mi sta a cuore, ma anche quella con cui si interviene sulle banche affinché finalmente comincino a fare sul serio il loro mestiere, che è quello di finanziare le imprese».

E invece?
«Invece non posso che dare ragione al presidente Marcegaglia anche su questo, perché al di là di tante buone dichiarazioni di intenti, mi sembra che per le imprese in concreto non sia cambiato nulla. Nel senso che se vanno in banca domattina, troveranno esattamente la stessa situazione che avevano trovato ieri. E sempre a proposito di tempi da ridurre...».

Fissato con la velocità, Angeletti?
«Certo, perché in un momento come questo bisogna velocizzare la spesa pubblica, intervenendo con un provvedimento di emergenza per tagliare tutte quelle procedure che invece fanno da freno. Dobbiamo dire: “Controlleremo poi se abbiamo fatto bene. Ma ora, per prima, cosa dobbiamo farlo”. Parlo di strade, di discariche, di centrali elettriche. Pensi che di queste ultime, in questo momento ne stanno bloccando due. Di questi tempi. È roba da matti!».

Quindi condividerà il piano governativo delle grandi opere?
«Senz’altro, perché va nella direzione che ho detto. Del resto è la strada obbligata, come dimostra anche il massiccio piano di nuove infrastrutture voluto oltre Oceano dal presidente americano Barack Obama. Oggi l’imperativo, da noi come da loro, è finanziare quanto può servire a mantenere il maggior numero di persone sui posti di lavoro. Per questo, a chi magari mi chiede se come sindacato saremmo disposti a barattare qualcosa con un intervento in materia di pensioni, rispondo che non è certo questo il tempo per parlare di pensioni. Perché il problema che ha oggi la gente non è, come era fino a ieri, il “quando” se ne potrà restare a casa, bensì il “quanto” potrà rimanere a lavorare».

E cos’altro propone, o chiede, per ammortizzare il più possibile gli effetti della crisi sulle fasce più deboli?
«Senz’altro un piano che porti alla riduzione delle tasse, come ha detto anche il mio collega della Cisl Raffaele Bonanni, iniziando da chi le paga per davvero, ovvero da chi ha il sostituto d’imposta. O si fa così, o nemmeno nel 2011 ne verremo fuori. E su questo non c’è conflitto d’interesse tra dipendenti e imprese. Aumentare le tasse, in un Paese con 100 miliardi di evasione, è invece cosa secondaria. Quella primaria è farle pagare a chi non le paga. Insisto: ora le tasse vanno tagliate, non il contrario».

Niente niente vuol mandare a dire qualcosa al segretario del Pd, Dario Franceschini?
«Trovo curioso voler applicare un ulteriore prelievo di due punti su chi ha un reddito superiore a 120mila euro. Il risultato sarebbe quello di colpire solo 200mila persone su 38 milioni di contribuenti».

Questa è politica e non materia sindacale: pensa che sia dovuta anche a proposte così, l’emorragia di risultati del Pd?
«Dico che quel consenso eroso sarà recuperato solo quando il Pd dimostrerà di saper essere un’opposizione credibile. Che non significa la durezza dei “no”, ma la capacità di prospettare soluzioni competitive con quelle della maggioranza».

Spostiamoci di poco: Epifani e la Cgil.
«Quello che ci divide è il tipo di rapporto da avere con le imprese. Questa idea fissa del conflitto verticale, così cara alla Cgil, mi ricorda tanto quella degli anni lontani della lotta di classe.

Voglio dire: le organizzazioni sindacali che rappresentano il lavoro dipendente hanno lo stesso interesse delle imprese a evitare le crisi e a sanare le divisioni. Ci può essere insomma conflitto nella ripartizione dei vantaggi, ma non nella costruzione della ricchezza e delle risorse».
Appunto, come si diceva all’inizio: un nuovo tipo di sindacalista si aggira per l’Italia.

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