Angeletti al governo: basta con la storia dei sacrifici

Un affondo anche alla Cgil: il Patto del ’93 va annullato

Antonio Signorini

da Roma

«Vi diamo un consiglio interessato: non ci riproponete la mistica dei sacrifici». Più chiaro di così il messaggio della Uil a Tommaso Padoa-Schioppa non poteva essere. Nella sua relazione al quattordicesimo congresso il segretario generale della Luigi Angeletti ha esposto il manifesto di un sindacato per nulla disponibile a fare sconti al governo in carica. E ancora meno disposto a rinunciare alle sue battaglie tradizionali, anche se dovessero intralciare i piani dell’esecutivo di centrosinistra. Un esecutivo amico, visto che la maggioranza della Uil si riconosce nei Ds. Ma «noi non saremo ancella del governo», ha precisato Angeletti ripetendo una formula già usata per l’esecutivo Berlusconi.
Più che dagli slogan, la distanza tra la Uil e il governo emerge dalle proposte concrete. L’esecutivo Prodi vuole ripartire i benefici del cuneo fiscale tra lavoratori e le imprese, favorendo queste ultime? Per Angeletti «la riduzione del cuneo vuol dire ridurre le tasse sul lavoro». Tutto in busta paga, quindi. Siamo alla vigilia di una manovra? Una riduzione della spesa pubblica «sarebbe deleteria».
Il ministro dell’Economia chiede ai sindacati di confermare la politica della moderazione salariale? Una bestemmia per Angeletti che dà la sua ricetta per incrementare il Pil: «aumentare i redditi dei lavoratori e dei pensionati». Cioè il contrario. Per timore di non essere stato abbastanza chiaro, poi, risponde direttamente a Padoa-Schioppa: «La moderazione salariale è alle nostre spalle e non nel nostro orizzonte futuro». Infine l’affondo e la principale proposta del congresso: «Una disdetta formale del Protocollo del luglio 1993». L’accordo che riformò la contrattazione e aprì la strada alla concertazione in cambio, per l’appunto, della moderazione salariale.
Un altro modo per dire che i salari devono aumentare (lasciare le regole invariate, denuncia Angeletti, significa «destinare i salari a una lenta e costante riduzione»), ma anche un messaggio preciso a chi non vuole la riforma della contrattazione. Come la Cgil di Guglielmo Epifani, da sempre contraria a un rafforzamento degli accordi locali e aziendali che finirebbero per favorire salari differenziati tra diverse aree del Paese, ad esempio tra il Nord e il Sud. Ma anche Confindustria che preferisce non affrontare un tema che spaccherebbe inevitabilmente il sindacato. Se viale dell’Astronomia «insistesse sulla necessità di un accordo preventivo tra i sindacati giudicheremmo questo atteggiamento un alibi per non far nulla», avverte Angeletti.
La disdetta dell’accordo di luglio non è una provocazione da dare in pasto ai media. La Uil è veramente intenzionata a percorrere questa strada, rimescolando le carte dei rapporti tra i sindacati. E la dimostrazione sono le reazioni alla proposta. «Legittima», secondo il segretario della Cisl Raffaele Bonanni, anche se il segretario aggiunto Pierpaolo Baretta non vorrebbe che fossero i sindacati a fare il primo passo. «Gli accordi è meglio che li disdettino i datori», spiega. Per la Cgil la disdetta sarebbe «rischiosa» perché al buio.

Più disponibile l’Ugl di Renata Polverini: «È una riflessione da fare», dice assicurando che la segreteria del sindacato vicino alla destra se ne occuperà. Dal luglio ’93, osserva, «Sono passati talmente tanti anni e molte cose sono venute meno: solo i lavoratori dipendenti hanno continuato a occuparsi dell’accordo».

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