Angius divorzia da Mussi per diventare socialista

L'ex scissionista della Quercia pronto a diventare presidente dello Sdi al posto di Caldarola, che potrebbe rientrare nel Pd

Roma - Attenzione. Questa è - anche - una sanguinosa storia di uomini e poltrone, una di quelle che potrebbe giustificare il celebre adagio di Rino Formica, secondo cui la politica è «sangue e merda», un triangolo di uomini e scelte politiche. Certo, Walter Veltroni ripete sui palchi di tutta Italia: «Siamo un partito che, per la prima volta nella storia della sinistra, con l’eccezione dell’unificazione socialista, è nato per unire!». Ma intanto per ora i conti non tornano, e si scopre che la nascita del Partito democratico ha già prodotto due diaspore e una sotto-diaspora.

Da un lato la microscissione nella Margherita capitanata da Willer Bordon e dal suo gruppo (Radical-ulivista, con un occhio a Marco Pannella). Dall’altro quella della Sinistra democratica di Fabio Mussi. E da ieri, siccome la sinistra italiana non si fa mancare nulla, c’è una sub-scissione che spacca l’atomo in quattro, e annuncia l’imminente passaggio di Gavino Angius su un nuovo scranno, quello di presidente nello Sdi di Enrico Boselli. Girandole da capogiro, per chi - solo pochi mesi fa - era abitudine vederlo da Vespa uomo-simbolo della Quercia. Ma la storia dell’Ulivo, in questi mesi, è anche una storia di veleni e veti incrociati, di geometrie personali che si incrociano e si respingono. In un primo tempo era stato il passionale Peppino Caldarola, una delle voci controcorrente dei Ds, a uscire clamorosamente dal progetto del Partito democratico (ma anche da quello mussiano) dopo il seminario battesimale a Orvieto.

Caldarola si era convinto che un frammento riformista dei Ds potesse costruire un cantiere all’ombra della casetta boselliana. Poi aveva passato un’estate a trottola in giro per l’Italia in tutte le sezioni e le assemblee dello Sdi, finché un brutto scherzo del suo cuore (di cui tutti quelli che lo frequentano conoscono la generosità umana e politica), lo mettono ko. La politica può essere spietata, e i nuovi compagni di strada dell’ex direttore dell’Unità, i socialisti, si dimenticano di lui in un momento così cruciale e difficile. E chi lo chiama tutti i giorni - invece - malgrado gli impegni non gli manchino? Proprio lui, il leader del Pd Walter Veltroni, che malgrado le distanze politiche, non dimentica gli anni di amicizia fraterna all’Unità. Una sollecitudine e una manifestazione di affetto che - secondo i boatos - potrebbero far seguire al legame umano anche il clamoroso recupero politico di un dirigente di primo piano (Caldarola è stato portavoce di Fassino nell’anno della vittoria).

Ma siccome la politica può essere feroce il fatto che Caldarola si tiri indietro libera una poltrona che praticamente gli era già stata assegnata, quella di presidente dello Sdi. Boselli è convinto che assegnare quel posto a uno che viene dalla Quercia, sia un bel segnale per tanti socialisti diessini perplessi per la fusione con il Pd. E chi la va a occupare quella poltrona? Colpo di scena. Siccome c’è il posto si trova anche l’uomo. Chi? Ma Angius, ovviamente, ex compagno di scelte di Caldarola, che a questo punto capita a fagiolo, visto che nella sinistra si sente stretto e (malgrado i distinguo di Mussi) terrorizzato dalle possibilità di sfilare nei cortei insieme a no global come Caruso. Certo, da tempo Angius pensava che la riunificazione della sinistra dovesse iniziare dal legame con i socialisti, ma adesso ha rotto ogni indugio, aderendo a un appello.

Sarà seguito anche da Valdo Spini, forse arriva Gianni De Michelis, chissà cosa farà Bobo Craxi: con i socialisti di questi anni ti distrai un minuto e ti trovi tre partiti. Noi, se questo fosse anche un apologo per una volta sceglieremmo le emozioni: «Caldarola for president».

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