Arnoldo Foà recluta Borges e Amleto per esaltare l’ignoto destino dei giusti

Arnoldo Foà recluta Borges e Amleto per esaltare l’ignoto destino dei giusti

Come le due parti che troviamo nel simbolo del Tao orientale, lo yin e lo yang, si amalgamano a rappresentare i princìpi vitali, gli opposti in continua relazione fra loro, anche nei testi scelti da Arnoldo Foà per lo spettacolo Vita. Male e bene - oggi alle 21 a Vill Pamphilj per la rassegna «Serate d’attore» - gli elementi contrari dialogano e si bilanciano. Il dolore e il piacere, la sofferenza, le difficoltà e la bellezza, il vizio e la virtù, i chiaroscuri insomma e gli elementi imprescindibili dell’esistenza, attraversano tutte le letture proposte dal celebre attore ferrarese, di cui non si contano le dizioni poetiche, anche incise in vinile negli anni Cinquanta-Sessanta. E ascoltare un florilegio di autori tra i più grandi, da Sofocle a Dante, dalla voce di un decano del palcoscenico quale Foà, 93 anni e una prestigiosa carriera nel teatro, nel cinema, nella tv e nel doppiaggio, non è occasione da tutti i giorni. Accompagnato dalle musiche originali di Pietro Procaccini, l’attore e regista innalzerà una specie di inno alla vita, rendendo omaggio alla piena accettazione della stessa con un excursus tra pagine di grande letteratura: il primo canto dell’Inferno, l’episodio del messaggero dall’Edipo re di Sofocle, il monologo di Amleto in Shakespeare, Se questo è un uomo di Primo Levi, Fratelli di Giuseppe Ungaretti, I bambini giocano di Bertold Brecht, La guerra di Piero di Fabrizio De Andrè, I giusti di Jorge Luis Borges. La «diritta via» e la «selva oscura», il «dilettoso monte» e la «selva selvaggia» delle terzine dantesche; i tormenti e il dramma del re di Tebe, destinato nel mito raccontato da Sofocle ad essere avvolto dalle tenebre; passioni quali l’odio, la sete di vendetta e il sospetto, incarnate dal principe di Danimarca: ecco alcuni dei temi ripercorsi.

Ancora, il soldato cantato da De Andrè, cui non basta il tempo per chiedere perdono di ogni peccato; la pietà e la fragilità dei commilitoni, la «foglia appena nata» dei versi di Ungaretti; la testimonianza delle atroci giornate in un campo di concentramento, vissute in prima persona da Levi; i bambini che giocano alla guerra nei versi di Brecht; la consolazione che viene dal sapere che i «giusti», ignari, stanno salvando il mondo (Borges).

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