ASCANIO IN ALBA alla Scala Gli sponsali del giovane Mozart

Il direttore Antonini: soddisfatto per il lavoro dei ragazzi dell’Accademia

Elsa Airoldi

L'arciduca Ferdinando d'Austria e sua moglie Maria Ricciarda d'Este, la coppia che la sera del 3 agosto 1778 avrebbe presenziato in gran pompa alla rappresentazione dell'Europa riconosciuta che inaugurava la nuova Scala, si sposa. È il 1771, e per l'occasione la corte asburgica commissiona a Mozart quindicenne l'Ascanio in Alba. L'anno prima c'era stato Mitridate, quello successivo toccherà a Lucio Silla. Per gli illustri sponsali vengono monopolizzati il letterato più famoso, Giuseppe Parini, e il fanciullo che fa parlare, Amadeus Mozart.
L'Ascanio dovrebbe essere l'intermezzo del Ruggero di Hasse. Se non fosse che la sua felice levità fa rimandare il severo Hasse di qualche giorno. Rimasto unico protagonista viene a sua volta rappresentato con intermezzo, uno stacco coreografico. Il teatro è il Ducale. Sarebbe bruciato di lì a poco. Ascanio in Alba, festa teatrale due parti, racconta l'amore pastorale di Silvia e Ascanio. Due figure allegoriche. Il mitico fondatore di Alba Longa è infatti Ferdinando d'Asburgo. Silvia Maria Ricciarda Berenice d'Este.
L'opera in puro stile arcadico osserva lo spirito dei tempi. Alternanza di recitativi secchi e accompagnati e arie, cori, danze. Souplesse.
Dice Giovanni Antonini, che la dirige con i cantanti e i complessi dell'Accademia della Scala: «Abbiamo cercato di ridimensionarla tagliando varie ripetizioni, fino alla durata di un paio di ore. Per le danze delle quali sono pervenuti solo i bassi abbiamo utilizzato musiche pianistiche d'autore, compatibili e presumibilmente coeve». Antonini, nome della filogia musicale (Giardino Armonico) insiste sulla diversità tra teatro di ieri e di oggi. Avvezzo a strumenti originali e prassi esecutiva barocca, si dice soddisfatto dei ragazzi dell'Accademia ai quali ha insegnato un certo andamento ritmico e il respiro della musica barocca. Questo Mozart pastorale è gia Mozart: dove? «La partitura va in crescendo. Il secondo atto è intenso e a tratti intriso di pathos. Si intuisce il Mozart più maturo, specie nella arie di Silvia».
Il regista è Franco Ripa di Meana, un attore (Gaia Scienza) datosi all'opera («ho studiato in Conservatorio»), già assistente di Vick e Ronconi e attivo a livello europeo. Si porta dietro Edoardo Sanchi scenografo e Carla Teti costumista. La sua lettura è attenta al tempo teatrale , alla narrazione, alla leggerezza del libretto di Parini. Cerca e trova il trait-d'union Alba Longa-Milano. La Torre Velasca? Nossignori, la Scala, ovviamente.
Resoconti minuziosi di quei dieci giorni di festa parlano di tornei di cavalli berberi, nozze collettive. La regia ne conserva il segno. Se non proprio berbere, altre razze animali vagano per la scena. C'e movimento. Per ogni situazione un diverso quadro contemporaneo. Sempre in un crescendo il Settecento arriva solo alla fine.

Le danze di Giorgio Mancini ricreano il divertissement settecentesco con lessico moderno. Il direttore artistico Leyla Gencer non ama i contraltisti: Ascanio è un mezzosoprano. Prima Scala per tutti. Direttore, regista, cantanti... Persino, salvo errori, per Ascanio e signora.

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