Assolse Daki, premiata dall’Islam

La «Islamic Anti-Defamation League Italy» ha reso noti i nomi di coloro che saranno onorati a Firenze, il 7 dicembre prossimo, con i premi «Mezzaluna d’oro». La Iadli - sintetizzo così, per comodità di scrittura e di lettura, l’etichetta dell’associazione - ha enunciato, quando fu creata, i suoi obbiettivi. Che consistono nel «dare uno stop al dilagare dell’anti-islamismo» e nel «monitorare l’attività di propaganda dell’odio e dell’estremismo». In un documento che illustra le finalità dell’Iadli è scritto che l’islamofobia, ossia la paura dell’Islam, è un sentimento umano e come tale va rispettata: mentre l’anti-islamismo, in quanto «discriminante sulla base del credo religioso e della provenienza geografica», è perseguibile penalmente. Con il che vengono additati all’attenzione della giustizia sia Oriana Fallaci sia il presidente del Senato Marcello Pera.
Da questa premessa - necessaria, a mio parere, per rendere chiare le impostazioni della League (da non confondere con la Lega) - passo alla scelta dei premiati. Su alcuni tra loro penso che nessuno abbia nulla da ridire, anzi abbia molto da condividere. Come nel caso della bambina di Tollegno percossa e sfregiata da energumeni nei cui confronti auspico la massima severità. Ma la Iadli ha attribuito il premio a due cittadini italiani che hanno entrambi, a diverso titolo, un ruolo pubblico: la signora giudice Clementina Forleo e il sindaco di Marano, Mauro Bertini. Ricordo i loro meriti. Clementina Forleo, gup in un procedimento contro islamici cui erano attribuiti azioni o intenti di terrorismo, li ha assolti: in particolare ha assolto il marocchino Mohammed Daki. Mauro Bertini ha deciso di cambiare nome a una strada, dedicata ai martiri di Nassirya, e di dedicarla invece al leader dell’Olp Yasser Arafat.
Per verità nelle motivazioni del solenne riconoscimento ci si dilunga sul coraggio della Forleo che non si è lasciata influenzare «dalle facili lusinghe del consenso popolare» e sulla bravura del sindaco ammiratore di Arafat. Ma per i morti di Nassirya, per la brutalità della loro cancellazione dalla toponomastica, per la ferocia degli stragisti iracheni, niente di niente. Eppure la Iadli, che sostiene di voler perseguire l’incontro di civiltà, avrebbe potuto - o meglio dovuto - spendere qualche parola per quei caduti, e contro i loro assassini. Ciò che sconcerta e inquieta, nel punto di vista della «League» islamica, è proprio la sostanziale negazione d’ogni incontro di civiltà. Da una parte - l’islamica - sta il bene, e dall’altra sta il male. Pera è un invasato, e Mohammed Daki, accusato di essere sostenitore dei kamikaze e reclutatore di fanatici da mandare in Irak a combattere gli Usa, è un bravo ragazzo pacifista nei cui confronti la magistratura italiana ha usato saggia indulgenza. Questa logica sembrerebbe convincente forse a Osama Bin Laden. Dalle nostre parti, e con tutta la buona volontà, è inaccettabile.
Ho già espresso nei giorni scorsi la mia opinione sul gesto del sindaco di Marano. L’ho considerato, e continuo a considerarlo, un insulto a chi ha perso la vita a Nassirya. La medaglia di cui la Iadli ha voluto fregiarlo non è di quelle di cui inorgoglirsi. Semmai Mauro Bertini se ne dovrebbe vergognare. Quanto alla dottoressa Forleo - la cui decisione ha avuto l’avallo d’una magistratura d’appello - penso che farebbe cosa sensata e degna rifiutando il premio, ed evitando accuratamente d’essere presente alla cerimonia che - con la sponsorizzazione del sindaco Leonardo Domenici - si svolgerà a Firenze. Partecipandovi, la signora Forleo conferirebbe attendibilità ai sospetti di chi ha visto nella sua decisione l’influenza della politica.
Non vogliamo un anti-islamismo preconcetto e ottuso quanto lo è l’antisemitismo di tanti, troppi islamici. Ma non chiudiamo gli occhi - non possiamo chiuderli - di fronte alla realtà d’un Islam aggressivo. Le democrazie hanno l’orgoglio e insieme il fardello dei loro garantismi. Sanno che i garantismi le rendono vulnerabili agli attacchi di gruppuscoli e gruppi terroristici. Ma non vogliono in nessun caso rinunciare al loro blasone, libertà per sé e per gli altri (inclusi i potenziali attentatori). Basta che di questa vulnerabilità non si voglia abusare, invocando la tutela delle leggi occidentali mentre si proclama d’avere come unica legge il Corano, là dove incita a sterminare i nemici di Allah.

Pisanu - che di tutto può essere accusato ma non d’avere ossessioni anti-islamiche - ha detto ieri, riferendosi proprio alle assoluzioni di Daki e d’altri, che esse sono interpretate come un segnale di debolezza negli ambienti dell’islamismo radicale. Se si deve assolvere si assolva. Ma tenendo presente che anche un assolto può rappresentare un pericolo. Se ha certe idee e le professa o anche se si camuffa dietro l’ostentato buonismo della Iadli.

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