"Niente doccia, spendi troppo". Ma per le toghe è reato: condannato il marito

Col tempo, la donna si era isolata, accusando anche i classici disturbi da stress post-traumatico. Troppe le vessazioni e le limitazioni imposte, dalla carta igienica da usare fino alle docce contate alla settimana

"Niente doccia, spendi troppo". Ma per le toghe è reato: condannato il marito

Non voleva che la moglie consumasse troppa acqua per la doccia, o troppa carta igienica, e la sottoponeva quotidianamente ad abitudini ossessive volte al risparmio: per i giudici della Cassazione, un comportamento del genere rientra nel reato di maltrattamento, e per tale motivo hanno deciso di emettere una condanna.

Il caso sconvolgente

Gli ermellini si sono espressi su una vicenda avvenuta a Bologna. A quanto pare l'uomo, letteralmente ossessionato dal risparmio domestico, sottoponeva la moglie a vessazioni continue, privandola, di fatto, delle necessità essenziali.

Fra l'altro, stando al quadro presentato ai giudici, la coppia non si trovava neppure in condizioni di difficoltà economica, dato che entrambi avevano un lavoro retribuito. Ciò, a quanto pare, non era però sufficiente a placare l'atteggiamento fin troppo spartano dell'uomo, che pretendeva dalla moglie sacrifici e limitazioni costanti.

Si trattava, spiegano i giudici, di un comportamento ossessivo portato all'esasperazione. Era l'uomo a stabilire dove, quando e come fare la spesa (naturalmente supermercati e prodotti molto economici), quali capi d'abbigliamento acquistare (vietate le marche), e quanto consumare all'interno dell'abitazione. Giusto per riportare alcuni incredibili esempi, citati da Il Messaggero, il coniuge imponeva alla donna di usare solo due strappi di carta igienica alla volta, di reciclare in una bacinella l'acqua usata per lavarsi il viso, così da poterla riutilizzare, e di fare una sola doccia alla settimana. Per scendere ancora di più nell'assurdo, basti pensare che l'uomo pretendeva che si usasse una sola posata e un solo piatto per ogni pasto.

Se la moglie osava controbattere o ribellarsi, erano insulti. Una vita impossibile, dunque, tanto che molti testimoni e amici hanno spiegato che la donna aveva perso la gioisità di un tempo. Le vessazioni e il controllo quotidiani del marito l'avevano prosciugata di ogni voglia di vivere. "Da donna solare, in salute e aperta al futuro, in esito alla convivenza con il marito sia divenuta persona isolata, abbia perso le autonomie personali riducendosi progressivamente a persona affetta da disturbo post traumatico da stress", si legge nella testimonianza.

La condanna

I giudici della Cassazione hanno esaminato attentamente il caso, individuando "comportamenti accompagnati da modalità di controllo particolarmente afflittive, tanto che la donna era costretta a buttare via gli scontrini, a nascondere gli acquisti, a lasciare la spesa a casa dei genitori, a chiedere alle amiche di dire che le avevano regalato qualcosa che aveva acquistato".

Nell'emettere la loro sentenza, gli ermellini precisano che in un rapporto matrimoniale entrambi i coniugi si impegnano a portare avanti un progetto di vita che riguarda anche le spese e il risparmio. Entrambi i coniugi, inoltre, contribuiscono al bilancio familiare in base al proprio lavoro, professionale o casalingo.

Uno stile di vita mirato al risparmio, anche eccessivo, non costituisce certo reato, se condiviso da marito e moglie. Il problema sorge quando questo diventa un'imposizione. Da qui la condanna per maltrattamenti.

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