Auto blu, verità choc: 4 miliardi l’anno

Finalmente sappiamo. Il ministro Renato Brunetta ha reso noto che, secondo stime molto attendibili, sono 90mila le auto delle pubbliche amministrazioni: con un onere per il contribuente di quattro miliardi di euro l'anno, ottomila miliardi di vecchie lire. La stima formulata dal ministro distingue tra 7-10mila auto blu-blu, poste a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato; 18-20mila auto blu semplici (con autista, utilizzabili da dirigenti della politica o dell'amministrazione); 60-65mila auto grigie senza autista. Una vettura blu-blu costa 142mila euro l'anno (oltre diecimila al mese), una blu semplice 92mila euro, una grigia 18mila. Il personale incide per oltre il 75 per cento sulle spese di gestione. Sono in progetto risparmi - sempre che sia possibile realizzarli, è facile prevedere le accanite opposizioni - per quasi un miliardo(...)
(...) di euro sugli attuali quattro.
Il conto che gli italiani devono saldare per consentire ai Vip d'essere scarrozzati è enorme, e insensato. Percossa, attonita, l'Italia al nunzio sta. Nessuna persona di buon senso nega l'esigenza che le Alte Autorità abbiano a disposizione un parco macchine adeguato. Le auto blu che escono dal Quirinale o da Palazzo Chigi appartengono a necessità di protocollo e di sostanza. Sarebbe stupido muovere obiezioni alla Papamobile o alle limousine di Barack Obama. Ma nessuno riuscirà mai a convincere i cittadini che i personaggi cui dev'essere assicurata questa dotazione che è anche una forma di rispetto siano nella Penisola diecimila. O poco meno. Non siamo così ben forniti, in tema di eccellenze dirigenziali, politiche o burocratiche.
La carica dei diecimila e le cariche dei diecimila sono in massima parte interne all'apparato amministrativo. Lì è stato stabilito, molto arbitrariamente, che vassalli, valvassini e valvassori dello Stato non possano lavorare bene - si fa per dire - se non li aspetta sempre l'auto blu con autista. Come il tappeto o la pianta nello studio, l'auto blu è un simbolo di status. L'uomo della strada deve pagare perchè un qualsiasi apparatchik del centro o della periferia possa attestare agli elettori il suo prestigio, e perché un qualsiasi superfluo superburocrate possa far schiattare di rabbia i colleghi che l'auto blu non ce l'hanno. Il nesso tra lo strumento e la funzione è spesso puramente casuale. M'è già capitato di raccontare come, avendo partecipato anni fa a un convegno sulla giustizia (mi pare a Perugia) avessi visto affluire una miriade di auto blu, alti magistrati che avevano uffici contigui non s'erano curati d'accordarsi per usare una sola auto e un solo autista, ognuno la sua e guai a chi glie la toccava.
Ammettiamo pure - senza davvero esserne convinti - che le diecimila blu-blu siano indispensabili. Lo sono anche le altre 18-20mila delle quali si servono, senza averle in esclusiva, i semivip? Non ci crederò mai. Tempo fa, essendo divampata una delle tante polemiche sulle auto blu, qualcuno aveva lanciato un'idea bizzarra: ossia che i mandarini della politica e della burocrazia facessero una scoperta sensazionale: ci sono i tassì. Per strano che sembri, anche l'Italia conosce questo mezzo di trasporto pubblico. Se i pezzi grossi burocratici chiamassero un tassì quando hanno bisogno di raggiungere in fretta l'abitazione o l'ufficio, e poi si facessero rimborsare presentando la ricevuta, difficilmente si arriverebbe ai 92mila euro annui per ogni auto blu semplice. Tanti dirigenti d'azienda italiani - quelli che ancora assicurano competitività al nostro Paese - vanno al lavoro con la loro vettura personale o, appunto, in tassì. Nel privato sono stati operati tagli inesorabili a questo tipo di agevolazioni.

Ma nel privato la qualità degli addetti è misurata sulla loro capacità, non sul colore delle loro auto.
Adesso sappiamo. Ma non sta a a noi provvedere, sta ad altri. Renato Brunetta indica il cammino, vediamo se qualcuno lo seguirà, nei palazzi romani.

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