Automobile ad aria compressa: è davvero impossibile?

Il primo prototipo risale al 1840. Eppure, nonostante l'aria sia gratis e il sistema non produca alcuna emissione nociva nell'atmosfera, le auto ad aria non sono mai diventati realtà. Per quale ragione?

Automobile ad aria compressa: è davvero impossibile?

L’aumento della temperatura media del pianeta e i gas serra sono stati individuati come i principali responsabili dei cambiamenti climatici. Tra i gas serra, quello maggiormente legato alle attività antropiche è l’anidride carbonica. E quindi, da quando il contrasto al riscaldamento globale è diventato una priorità assoluta, è scattata la caccia a questo gas, che benché sia da sempre presente nell’aria che respiriamo, è diventato ormai il nemico numero uno, tanto è vero che ogni cosa che facciamo viene messa in relazione alla CO2 che produce.

Il settore automobilistico con i suoi 1,3 miliardi di veicoli, di cui un miliardo solo di automobili, è una delle fonti principali di anidride carbonica in quanto i combustibili di origine fossile hanno una quota parte importante di carbonio che si lega all’ossigeno nel processo di combustione. Oltre alla CO2, nei gas di scarico delle automobili sono presenti tutta una serie di sostanze che in concentrazioni elevate possono avere effetti nocivi sulla salute umana.

Per migliorare la situazione bisogna lavorare almeno su due fronti:
1) Ridurre la concentrazione di gas inquinanti nelle aree urbane
2) Ridurre o eliminare la produzione di anidride carbonica

Nel campo automobilistico si assiste a tutta una serie di soluzioni tecniche volte a raggiunge uno o entrambi questi obiettivi contemporaneamente. Le automobili a propulsione elettrica risolvono il problema delle emissioni a livello locale come nei centri urbani, ma non risolvono la questione a livello globale, basti pensare all’impatto ambientale dovuto alla produzione e allo smaltimento delle batterie al litio oppure alla produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili come i combustibili fossili.

Le automobili a trazione ibrida migliorano un po’ la situazione attuale, ma non apportano sostanziali cambiamenti al sistema, tanto più che nella maggior parte dei casi si tratta di mild-hybrid, ovvero automobili equipaggiate con motori termici dotati di piccoli accorgimenti tecnici che ne migliorano l’efficienza.

Gli e-fuel non aggiungono CO2 all’atmosfera, ma non essendo disponibili in natura richiedono energia per essere prodotti. Al momento è previsto che questa energia sia ricavata da fonti rinnovabili, ma è ancora tutto da vedere. Sarebbe davvero un paradosso se fosse ricavata in tutto o in parte da fonti di energia non rinnovabili.

Nessuno parla del motore ad aria compressa, sebbene già dal XIX secolo si abbiano notizie di sue applicazioni nel campo dei trasporti. Nella vita di tutti i giorni troviamo applicazioni di semplici e banali dispositivi in grado di funzionare grazie all’azione dell’aria compressa. Tutti noi almeno una volta nella vita abbiamo visto il gommista avvitare i dadi delle ruote mediante un avvitatore che gira grazie all’azione dell’aria compressa, e allora perché nessuno ha pensato ad una sua applicazione nel campo della trazione automobilistica?

Il primo prototipo di veicolo ad aria compressa che si ricordi è quello dei francesi Andraud e Tessie di Motay, che realizzarono una vettura dotata di un motore pneumatico e la testarono su un circuito di prova a Chaillot, in Francia, nel 1840. Ma la prima vera applicazione di successo del motore ad aria compressa è stata quella nel settore ferroviario con il sistema detto Mekarski, utilizzato per la trazione dei tram della Tramway di Nantes in Francia. Questi tram sono entrati in funzione nel 1879 e ci sono voluti ben 38 anni per essere interamente sostituiti dai tram elettrici.

Nel più recente passato ci sono stati timidi tentativi di introduzione di questa tecnologia senza però ottenere successi di rilievo. Ad esempio, nei primi anni del millennio, è stata presenta ufficialmente una vettura alimentata ad aria compressa. Secondo il costruttore, la commercializzazione delle prime auto sarebbe dovuta avvenire nel primo semestre del 2006, tuttavia la fabbrica non è mai entrata in funzione e nel 2005 è stata definitivamente chiusa.

Siamo di fronte ad un complotto internazionale? Il motore ad aria compressa rappresenta davvero la soluzione al problema della mobilità sostenibile e poteri occulti impediscono lo sviluppo di questa tecnologia?

Senza entrare troppo in questioni tecniche, cercherò di farvi capire quali sono i vantaggi ed i limiti di questa soluzione. Iniziamo con i vantaggi.
Non avendo alcun tipo di combustione, il motore ad aria compressa è privo di qualsiasi emissione inquinante. Questo è molto importante perché elimina il problema della concentrazione di sostanze nocive e polveri sottili all’interno di aree urbane o densamente trafficate.

Il rifornimento sarebbe effettuato caricando con aria compressa ad alta pressione (300 bar circa) una bombola posta all’interno del veicolo. Dal punto di vista della sicurezza, l’aria è un gas inerte e quindi non reattivo: rimarrebbe solo da gestire la questione legata alla pressione che, però, non sembra essere insormontabile, basti pensare che già oggi le bombole del metano delle autovetture arrivano tranquillamente a 200 bar.

Inoltre, l’aria è disponibile ovunque e comprimerla è abbastanza semplice, questo la rende il fluido ideale per garantire una distribuzione capillare in grado di raggiungere persino i posti più impervi e remoti. Anche il tempo di ricarica della bombola non sembrerebbe essere un problema in quanto sarebbe del tutto paragonabile a quello delle auto a GPL o Metano. Questi vantaggi sono evidenti ed indiscutibili.

Parliamo, invece, di quelli che potrebbero essere i limiti che si celano dietro un’idea così semplice e cerchiamo di capire insieme quanto questi limiti possano essere determinanti per lo sviluppo di future applicazioni. Tanto per iniziare, l’aria non è un combustibile e per essere sfruttata deve prima essere compressa, pertanto è più corretto considerarla come un vettore di energia.

Per passare dalla fonte di energia primaria, rinnovabile o meno, al movimento del veicolo è necessario che un motore di qualche tipo (elettrico o diesel ad esempio) faccia girare un compressore, che serve a innalzare la pressione dell’aria. Questa aria, una volta compressa, andrà a riempire la bombola che alimenta il motore ad aria del veicolo. Pensate a quanta energia si perde in ciascuno di questi passaggi.

Sempre a proposito di efficienza, vale la pena spendere due parole sul rendimento del motore ad aria compressa. Questo motore, pur partendo da un rendimento teorico del ciclo termodinamico di riferimento molto promettente, finisce con il raggiungere un rendimento effettivo totale molto basso principalmente a causa del repentino abbassamento della temperatura dell’aria durante la fase di espansione. Il basso rendimento che caratterizza il motore ad aria compressa non consente di sfruttare a pieno l’energia contenuta nell’aria. Questo influisce pesantemente sull’autonomia del veicolo che alla fine trova il suo limite nel volume della bombola che, per ovvi motivi di ingombro, non può superare certe dimensioni.

Siamo, pertanto, di fronte ad una soluzione poco efficiente che, al momento, non lascia intravedere grossi margini di miglioramento, soprattutto per applicazioni così complesse come quelle legate alla trazione automobilistica, per di più in un periodo storico caratterizzato dalla scarsa disponibilità di energia a buon mercato. Resta ancora largamente utilizzata nel campo dell’automazione industriale dove la fa da padrone.

Questo non vuol dire che in futuro non potremo assistere ad una sua evoluzione visto che le case automobilistiche non hanno mai smesso di lavorarci. Sembra solo che i tempi non siano ancora maturi per compiere questo salto.

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