Avvocato sbianchettava le marche per riusarle

Piero Pizzillo

Chi l’avrebbe mai detto che tra gli strumenti lavorativi di uno studio legale, cioè che in mezzo a codici, raccolte di leggi, riviste giuridiche, regolamenti e pandette varie, vi potesse essere anche della scolorina? Una stranezza che è pero diventata una cosa seria dal momento in cui la polizia giudiziaria, su disposizione del pubblico ministero Pier Carlo Di Gennaro, ha fatto una «visitina» nell’ufficio di M. B. settantenne e benestante avvocato, finito nel registro degli indagati per «alterazione di valori bollati», reato che prevede la condanna da 2 a 8 anni di reclusione (il consiglio dell’Ordine, presieduto da Stefano Savi, aprirà un’ichiesta a carico di M. B).
Il legale (è un civilista), con studio in centro città (è difeso dall’avvocato Giovanni Scopesi), secondo l’accusa, da tempo, comunque dall’entrata in vigore dell’euro, aveva trovato il modo di fare la «cresta» sulle spese di giustizia, per meglio dire di riprendersi le marche, rigenerandole. Semplice il marchingegno. Una volta ritirate le sentenze (originale e le due copie) su cui v’erano le marche, ritornava in ufficio e le «ripuliva», in modo da poterle riutilizzare per gli atti successivi (ad esempio, da 4 a 20 pagine la marca è di 8,26 euro per l’originale e di 12,38 euro per ciascuna copia). Lo «sbianchettamento» non è sfuggito a qualche impiegato dell’ufficio precetti, che ha denunciato il fatto in procura.

La perquisizione ordinata dal pm ha portato al ritrovamento di diverse decine di marche «pronte per l’uso». Le marche «incriminate», potrebbero diventare centinaia, se si considera che era stato consentito l’utilizzo di bolli in lire sino all’esaurimento.

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