Erbe, spezie e massaggi: i segreti del miglior prosciutto cotto d’Italia

Il San Giovanni di Capitelli è frutto di una ricetta segreta, di una selezione rigorosissima e di una serie di cure che comprendono 24 ore di massaggi. Per la guida dell'Espresso è il migliore in Italia

Erbe, spezie e massaggi: i segreti del miglior prosciutto cotto d’Italia

Una ricetta segreta, gelosamente custodita all’interno della famiglia. Una selezione tanto rigorosa che solo sei cosce su dieci riescono a superarla, tra quelle fornite da una decina di allevatori italiani scelti dall’azienda nel corso dei decenni. Una cottura lenta e a bassa temperatura per valorizzare al massimo la materia prima. E il riconoscimento di Miglior prosciutto cotto d’Italia per il 2023 della Guida Salumi d’Italia dell’Espresso, che già ne aveva riconosciuta la qualità con il massimo riconoscimento, i 5 Spilli, nelle edizioni 2019, 2020, 2021 e 2022.

Basterebbero forse queste poche informazioni per far venire l’acquolina in bocca e raccontare il prosciutto cotto San Giovanni. Invece, dietro a questo prodotto unico realizzato a Borgonovo Val Tidone, in provincia di Piacenza, e firmato dall’azienda Capitelli c’è molto di più.

Dalla valorizzazione di cosce di suino che normalmente venivano scartate perché non rispondevano ai parametri imposti dai consorzi, alla lunga ricerca di una formula che consentisse di restituire al consumatore il gusto del prosciutto cotto di una volta, andato progressivamente perso con l’avvento dell’industria alimentare. Fino alla scelta di non scendere mai a compromessi in termini di standard, al punto da limitare la produzione quando non si trovano cosce adatte.

Come nasce la Ferrari dei prosciutti

Un’impostazione decisamente controcorrente, che è perfettamente incarnata da Angelo Capitelli. Imprenditore estroso e appassionato, che dal padre Claudio ha ereditato l’amore per una tradizione alimentare che affonda le radici nel Dna famigliare e nelle generazioni precedenti, è lui ad aver reinventato il prosciutto cotto e ad avere dato un’impronta unica all’impresa di famiglia.

“Io sono entrato in azienda nel 1990 con l’idea di dare in qualche modo un’impronta originale”, racconta Angelo, presidente dell’azienda. “All’epoca c’era questo salumiere, uno dei più importanti di Milano, che mi stimolava dicendomi che il nostro prosciutto era buono, ma non come quelli di una volta. È stato grazie a lui che ho iniziato un percorso di ricerca e sperimentazione che mi ha portato a contattare una serie di vecchi produttori di salumi, fino ad arrivare a un artigiano modenese che si ricordava ancora degli antichi metodi di lavorazione”.

Da lì al perfezionamento del prosciutto San Giovanni il percorso è stato ancora lungo. Ma, in qualche modo, la strada era comunque stata tracciata. E per ripercorrerla è stato necessario tornare indietro nel tempo di quasi cent’anni.

Oggi, a trent’anni di distanza dalla riscoperta di quell’antica ricetta, che ha nell’infuso di erbe e spezie nel quale viene immersa la coscia prima della cottura uno dei suoi segreti, il prosciutto di Capitelli rappresenta la Ferrari dei cotti, per restare in Emilia Romagna. Tanto che, nonostante un prezzo medio di 30 euro al chilo, decisamente più alto di quello di tutti i concorrenti, è così richiesto che la produzione fatica a soddisfare la domanda.

Per produrlo si impiegano due settimane

“Il nostro San Giovanni viene completamente fatto a mano, viene massaggiato per 24 ore prima della cottura ed è cotto fuori stampo a vapore per almeno 24 ore, con una temperatura al cuore che va dai 71,8 ai 72,2 gradi centigradi. Per farlo ci vogliono due settimane, cioè circa il triplo del tempo necessario per produrne uno normale, e quando le cosce non rispettano i nostri standard preferiamo non produrlo”, sottolinea Capitelli. “La filiera, il trattamento e la cura si traducono in un prodotto unico, con una piacevolezza, pulizia, sapidità e gusto davvero inconfondibili: chi lo prova, difficilmente torna indietro”.

Nessuna sorpresa, quindi, che la produzione sia passata dalla decina di pezzi a settimana di metà anni Novanta agli oltre 2.200 pezzi a settimana attuali. Né che Capitelli abbia chiuso il 2022 con un fatturato (19,2 milioni di euro) in crescita del 10% sul 2021 e quasi raddoppiato rispetto agli 11,7 milioni del 2018.

In tal senso, un passaggio importante per questa realtà famigliare, che conta 35 dipendenti e che rifornisce circa 1.600 clienti tra gastronomie, salumerie, negozi di alimentari e grande distribuzione, è stato rappresentato dall’ingresso nella galassia di Italmobiliare, holding di investimento facente capo alla famiglia Pesenti e quotata in Borsa, che nel 2019 ha rilevato l’80% del capitale della società. “L’ingresso di Italmobiliare ha dato nuovo impulso alla crescita dell’azienda, dando maggiore solidità e organizzazione, ma sempre nel massimo rispetto della tradizione”, sottolinea Marcello Balzarini, amministratore delegato di Capitelli. “Le prime linee manageriali sono state rafforzate, i processi produttivi sono stati riorganizzati, abbiamo integrato le leve ESG in ogni aspetto del business e ottenuto le più importanti certificazioni di qualità.

In pochi anni abbiamo quasi raddoppiato il fatturato, una crescita che è stata assolutamente garantita in termini di qualità, perché il San Giovanni si continua a fare come è stato sempre fatto. E così sarà anche in futuro”.

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