Il rapporto di Fiat con l'Italia

Exor è la holding olandese in cui si concentrano i capitali della famiglia Agnelli, una cassaforte di cui ha chiave e combinazione John Elkann

Il rapporto di Fiat con l'Italia

Gentile direttore,
dalle colonne del Giornale Vittorio Feltri ha fatto affermazioni inaccurate e fuorvianti sulla Fiat e sulla sua proprietà che travalicano il diritto di opinione e richiedono una replica, per il rispetto della verità dei fatti. La ringrazio sin d'ora per l'ospitalità che vorrà concedermi.
Tralascio i riferimenti alle vicende giudiziarie che riguardano la famiglia Agnelli, perché si tratta di procedimenti in corso. Vicende sulle quali i legali hanno confermato la loro posizione, convinti della solidità dei loro argomenti giuridici.
Più rilevanti per il dibattito pubblico sono le osservazioni storiche sulla Fiat e sul rapporto con l'Italia. Rinfacciare le politiche industriali per il settore auto che decine di governi di ogni orientamento politico liberamente eletti dai cittadini hanno messo in atto dal Dopoguerra a oggi è una critica ingenerosa, peraltro fuori tempo massimo.
Primo perché a differenza di quanto è avvenuto nell'acciaio, nelle telecomunicazioni, nei trasporti aerei (solo per citare i casi più evidenti), la Fiat, sotto la stessa proprietà, ha saputo attraversare 125 anni resistendo a sfide che sono invece state fatali per altre grandi aziende nazionali, comprese le altre società automobilistiche italiane.
Superando difficoltà di varia natura, la Fiat ha dato vita tre anni fa a un player mondiale solido e competitivo come Stellantis, che ha oggi proprio nel marchio Fiat il suo brand più venduto nel mondo.
Secondo perché nel tracciare il bilancio di oltre un secolo di storia economica nazionale, Feltri dimentica di citare il contributo che la Fiat ha dato all'Italia in termini di stipendi, tasse, brevetti e in generale di innovazione industriale in diversi settori: una forza di progresso che ha generato e tuttora anima tante imprese italiane che si affermano nel mondo. Oggi Stellantis contribuisce in modo significativo alla bilancia commerciale italiana, tanto che il 63% della sua produzione manifatturiera nazionale viene esportato in altri paesi (percentuale che sale al 93% se si considera la produzione del solo stabilimento di Mirafiori).
Infine una notazione specifica sul comportamento della proprietà della Fiat: è falso affermare che i suoi azionisti abbiano tratto vantaggi impropri, anche quando il gruppo attraversava momenti di difficoltà. È vero invece che (anche) nei momenti critici, il Cda di Fiat, e in seguito di Fca, ha fatto scelte responsabili, ad esempio sospendendo i propri compensi o l'erogazione di dividendi per rafforzare il patrimonio della società. Con lo stesso obiettivo sono stati effettuati numerosi aumenti di capitale laddove necessario per proteggere la continuità aziendale o il suo sviluppo, tutti sottoscritti dalla famiglia Agnelli insieme agli altri azionisti.
Venendo ad oggi: è chiaro che gli anni a venire porteranno nuove sfide per i costruttori di auto, a partire dai cambiamenti legati alla transizione elettrica. Ma Stellantis è attrezzata per essere tra coloro che usciranno rafforzati da questa fase, e non tra quelli che saranno costretti a uscire dal mercato. Un obiettivo che dovrebbe portare a unire le forze, non perdersi in sterili polemiche: perché dal rafforzamento di Stellantis, che continua a investire anche nel nostro Paese, deriveranno vantaggi per tutte le sue componenti, inclusa la parte italiana.
Andrea Griva
(Comunicazione Exor)

Gentile, anzi poco gentile dottor Griva,
mi consenta anzitutto di spiegare al lettore che cosa rappresenta «Exor», in nome della quale ha vergato la replica al mio editoriale da lei accusato, apoditticamente, di inaccuratezza e falsità. Nell'articolo oggetto del Suo vituperio, la citata entità che comincia con Ex (ex italiana? ex torinese? ex qualche altra cosa, comunque odorosa di morte e conseguenti eredità contese) non è mai nominata: essa appare unicamente nella lettera, e solo all'ultimo istante per concluderla in gloria, quasi bastasse a sigillarne la verità con l'Ipse dixit. Un po' come nella pubblicità di Carosello del confetto Falqui: «Exor, basta la parola!». Sono finiti quei tempi, si aggiorni Signor Portavoce di Exor.

Exor è la holding olandese in cui si concentrano i capitali della famiglia Agnelli, una cassaforte di cui ha chiave e combinazione John Elkann. Essa ha sede in Amsterdam, paga le tasse lassù, ed è quotata in Borsa nella medesima capitale. In compenso ha la sede strategica centrale in Londra. L'investimento qualificante è in Stellantis, frutto dell'unione tra Fca (Fiat-Chrysler, genialmente inventata dal compianto Sergio Marchionne) e Psa (Peugeot + Stato francese): la sede fiscale è anch'essa nei Paesi Bassi, ma il cuore e cervello stanno a Parigi. Che, di fatto, gestisce denaro versato in gran parte dai contribuenti italiani. In quarant'anni, segnalava Sergio Rizzo, che sa fare i conti, la Fiat nelle sue varie denominazioni ha infatti incassato fra il 1975 e il 2012, 220 miliardi di euro tra casse integrazioni, prepensionamenti, rottamazioni, nuovi stabilimenti in gran parte finanziati con risorse pubbliche e contributi statali sotto varie forme. Stellantis, erede di queste secolari mungiture italiche, chiede ancora sovvenzioni, minacciando di abbandonare l'Italia, ricattabile in quanto unico grande Paese del mondo ad avere una sola ditta che faccia automobili, dopo l'omaggio che Prodi fece ad Agnelli consegnandogli l'Alfa Romeo, nonostante offerte straniere che avrebbero evitato un monopolio assai poco liberale.

Questo è l'esito (Ex-it?) della storia della presenza in Italia della Fiat, caro Griva.

Eppure, lei, con stimabile faccia tosta, pretende di «tracciare il bilancio di oltre un secolo di storia economica nazionale» marcata Fiat senza citare questa fuga con il malloppo. Peraltro, oggi conteso da una parte della famiglia che denuncia per truffa l'altra, trovando il giudice del riesame di Torino ad avallare l'accusa. Ribadisco, perciò, il concetto. Agnelli, che pena.

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