Gentile, anzi poco gentile dottor Griva, mi consenta anzitutto di spiegare al lettore che cosa rappresenta «Exor», in nome della quale ha vergato la replica al mio editoriale da lei accusato, apoditticamente, di inaccuratezza e falsità. Nell'articolo oggetto del Suo vituperio, la citata entità che comincia con Ex (ex italiana? ex torinese? ex qualche altra cosa, comunque odorosa di morte e conseguenti eredità contese) non è mai nominata: essa appare unicamente nella lettera, e solo all'ultimo istante per concluderla in gloria, quasi bastasse a sigillarne la verità con l'Ipse dixit. Un po' come nella pubblicità di Carosello del confetto Falqui: «Exor, basta la parola!». Sono finiti quei tempi, si aggiorni Signor Portavoce di Exor.
Exor è la holding olandese in cui si concentrano i capitali della famiglia Agnelli, una cassaforte di cui ha chiave e combinazione John Elkann. Essa ha sede in Amsterdam, paga le tasse lassù, ed è quotata in Borsa nella medesima capitale. In compenso ha la sede strategica centrale in Londra. L'investimento qualificante è in Stellantis, frutto dell'unione tra Fca (Fiat-Chrysler, genialmente inventata dal compianto Sergio Marchionne) e Psa (Peugeot + Stato francese): la sede fiscale è anch'essa nei Paesi Bassi, ma il cuore e cervello stanno a Parigi. Che, di fatto, gestisce denaro versato in gran parte dai contribuenti italiani. In quarant'anni, segnalava Sergio Rizzo, che sa fare i conti, la Fiat nelle sue varie denominazioni ha infatti incassato fra il 1975 e il 2012, 220 miliardi di euro tra casse integrazioni, prepensionamenti, rottamazioni, nuovi stabilimenti in gran parte finanziati con risorse pubbliche e contributi statali sotto varie forme. Stellantis, erede di queste secolari mungiture italiche, chiede ancora sovvenzioni, minacciando di abbandonare l'Italia, ricattabile in quanto unico grande Paese del mondo ad avere una sola ditta che faccia automobili, dopo l'omaggio che Prodi fece ad Agnelli consegnandogli l'Alfa Romeo, nonostante offerte straniere che avrebbero evitato un monopolio assai poco liberale.
Questo è l'esito (Ex-it?) della storia della presenza in Italia della Fiat, caro Griva.
Eppure, lei, con stimabile faccia tosta, pretende di «tracciare il bilancio di oltre un secolo di storia economica nazionale» marcata Fiat senza citare questa fuga con il malloppo. Peraltro, oggi conteso da una parte della famiglia che denuncia per truffa l'altra, trovando il giudice del riesame di Torino ad avallare l'accusa. Ribadisco, perciò, il concetto. Agnelli, che pena.
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