
Pur di uscire da Tim, adesso Vivendi (primo socio con il 23,7% delle quote) sarebbe disposta a considerare di vendere la propria partecipazione in due pezzi. Per il momento si tratta solo di voci che circolano insistentemente in ambienti finanziari, ma l'ipotesi è quantomeno verosimile. Secondo quanto risulta al Giornale, il gruppo parigino - un tempo non disposto a considerare questa via - probabilmente consigliato dai suoi consulenti starebbe sempre più considerando questa exit strategy. Una via peraltro percorribile perché gli acquirenti potenziali ci sarebbero già: da una parte Poste Italiane che fin dal suo ingresso rilevando il 9,8% di Cdp non ha escluso di volersi rafforzare; dall'altra c'è il fondo londinese Cvc, che al momento non si è dato per vinto e sta valutando seriamente di rientrare in partita rilevando almeno il 10% della società di tlc. Magari proprio quello che resterebbe nelle mani del gruppo guidato da Arnaud de Puyfontaine qualora il gruppo guidato da Matteo Del Fante (in foto) dovesse rilevare il 14% per diventare primo azionista, guidare il consolidamento del settore da una posizione di forza senza superare la soglia del 25% del capitale di Tim che altrimenti richiederebbe il lancio di un'Opa totalitaria.
Secondo fonti finanziarie, il quadro potrebbe definirsi nei prossimi mesi con l'ambizione di avere uno scenario già definito prima dell'assemblea del 24 giugno. All'orizzonte si profila anche uno scenario alternativo: qualora Cvc alla fine non dovesse entrare, allora Vivendi potrebbe anche accontentarsi di rimanere con una piccola quota intorno al 10%, in attesa di uscire definitivamente. Non è chiaro, però, se questa nuova configurazione porterebbe automaticamente a un'uscita di scena dell'amministratore delegato Pietro Labriola, dal momento che il socio francese - che pure inizialmente lo ha fortemente voluto - ancora non perdona al top manager di aver guidato il cda nella cessione della rete fissa a condizioni ritenute non soddisfacenti e senza prendere in dovuta considerazione la sua volontà. Tant'è che ha fatto ricorso contro la sentenza del Tribunale di Milano, dopo che quest'ultimo in primo grado ha ritenuto inammissibile la causa di Vivendi poiché quest'ultima non ha mai fatto nulla per impedire la vendita pur avendone facoltà.
Al fine di avere più chance in appello, ora i transalpini potrebbero votare contro il bilancio di Tim; ma potrebbero opporsi anche ad altre operazioni in cantiere come la conversione delle azioni di risparmio, il ritorno al dividendo e il raggruppamento azionario per i quali il voto di Vivendi sarebbe determinante.
Per evitare il peggio, una volta spenti i fari delle cronache i principali azionisti di Tim hanno continuato a dialogare sottotraccia. Poste Italiane, su mandato del governo, è particolarmente attiva nel plasmare il futuro dell'ex monopolista. Il gruppo controllato dal Tesoro, come prima cosa, deve appianare il rapporto con il primo azionista Vivendi.
Proprio per questo l'assise è stata rinviata a giugno: lo scopo principale è tentare di evitare la paralisi, trovando modalità di convivenza con l'azionista francese in attesa di una destinazione finale della partecipazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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