Bacon e Caravaggio a confronto

«Penso che l’arte sia un’ossessione per la vita e, dato che siamo esseri umani, la nostra più grande ossessione è quella per noi stessi». È racchiuso in questa frase di Francis Bacon il senso dell’incontro, mai confronto, oggetto della mostra «Caravaggio-Bacon», ospitata alla Galleria Borghese fino al 24 gennaio, che, in occasione delle celebrazioni per i quattrocento anni dalla morte di Caravaggio ed i cento dalla nascita di Bacon, porta per la prima volta nelle sale della Galleria le opere di un contemporaneo, accostando i due artisti in un ideale e complesso dialogo. Dalla Negazione di Pietro di Caravaggio al Tryptych August 1972 di Bacon, attraverso trenta opere provenienti da musei di tutto il mondo, è l’uomo a essere rappresentato e indagato, con la sua sensuale carnalità di peccatore e la miseria della carne, organica prigione di ambizioni più alte costrette dal limite della pelle. Se in Caravaggio, infatti, l’uomo è impegnato nella lotta per salvarsi da se stesso, nelle opere di Bacon questa battaglia è persa e la carne diventa peso e simbolo del dramma di un divenire che, in realtà, è non-divenire, dove la nascita è il momento più alto di un viaggio verso la distruzione. Tra la luce del primo e l’oscurità del secondo, tra il colpevole compiacimento delle forme che non sa rinunciare alla contemplazione della bellezza e la triste condanna della vanità che preclude ogni piacere, tra la fede come possibilità di salvezza e la disperazione di una costante dissolvenza, si snoda il percorso espositivo, che ha come linea guida l’emozione estetica.
L’osservatore, simbolo dell’essere umano, è chiamato a fare da trait d'union tra le opere in un gioco di rimandi e contrasti, che vede la vita specchiarsi nella morte e viceversa, a ribadire futilità - e rapidità - dell’esistenza. «Non è una mostra di storia dell’arte - dice Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese, che ha curato l’esposizione insieme a Michael Peppiatt, massimo esperto di Bacon e suo amico - perché i due artisti non possono essere paragonabili per motivi stilistici o formali. Sono vicini però nei contenuti, in quanto entrambi vedono nella figura umana il campo di battaglia di un dramma che non ha possibilità di andare a buon fine». Che sia implorando perdono o accettando il proprio destino nell’impossibilità di cambiarlo, l’uomo è costretto a prendere coscienza di sé, guardandosi alla distanza nello «specchio» dell’arte. Ad assolvere questa funzione riflettente e riflessiva è Bacon: l’artista, infatti, voleva che i suoi lavori fossero sempre esposti sotto pesanti vetri per favorire il distacco dell’osservatore dal soggetto e far sì che i suoi movimenti lasciassero un’«ombra» sulle opere.
Qui, posti l’uno di fronte all’altro, in riflessi più o meno accentuati, tra vetro e colore, grandi opere e ritratti, Caravaggio si specchia in Bacon, «schiacciando» l’osservatore nel cuore della storia, a ribadire ancora una volta il suo essere un infinitesimale, e non indispensabile, tassello dell’eternità.

La carnalità si scompone e diventa carne che, a sua volta, si decompone fino a scomparire e l’emozione spirituale suscitata dal dramma caravaggesco diventa pulsazione materica nella dispersione baconiana, in cui neppure i lineamenti possono mantenere fissità.
In occasione dell’esposizione, la Galleria Borghese cambia orari, prolungando la visita fino alle 21 da martedì a sabato e aprendo straordinariamente il lunedì.

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