Baglietto, un "gabbiano" che vuole tornare a volare

Crisi, la holding in liquidazione volontaria non significa né fallimento né bancarotta. Ma il futuro dipende dalle banche. Il mito dei mari fondato da Pietro Baglietto nel 1854: un capanno come cantiere

Baglietto, un "gabbiano"
che vuole tornare a volare

Qualche annetto fa - probabilmente l’anno 1854 - un giovanotto ligure di nome Pietro e che di cognome faveva Baglietto, fondò un cantiere tutto suo in un capanno di 200 metri quadrati (cortile compreso) a cento metri dal mare di Varazze. Per amici e conoscenti era più semplicemente il «Muntagnin». E cominciò a costruire piccoli scafi di gozzi e canotti. Fiutando già «innovazione», ben presto si cimentò con lo yachting. Mitica la prima barca da regata, il cutter «Rosy», 7,5 metri, costruita per il conte Giuseppe Ponza di San Martino. Sono trascorsi centocinquantasei anni! Oggi il glorioso marchio che ha scritto pagine di storia della cantieristica varazzina e della nautica mondiale (nel 1915 costruiva idrovolanti e il «Motoscafo armato silurante» per la regia Marina, più conosciuto con l’acronimo Mas), è prigioniero della crisi che ha colpito indistintamente tutti i settori industriali. Il «gabbiano», riferimento d’eccellenza della diportistica di lusso internazionale, soffre parecchio. E con lui tutti coloro che dal dopoguerra a oggi ne hanno ammirato e cantato le gesta. Baglietto costruì la prima barca del «Vate», Gabriele D’annunzio, poeta-soldato che amava le donne e il lusso. Ora Varazze, La Spezia e Pisa, sedi dei cantieri, vivono con apprensione gli sviluppi della crisi, occupazionale e finanziaria. L’allarme è alto e anche la stampa estera, di settore ed economica, segue con attenzione la vicenda. Le cronache degli anni 2004 e 2005 raccontano che i Cantieri Baglietto prima, e i Cantieri di Pisa poi, furono acquisiti dal gruppo Camuzzi che portò in famiglia due dei poli più prestigiosi e blasonati della nautica da diporto italiana. A seguire altre acquisizioni. Come quella dei cantieri tunisini Société Générale (70%) e Bateaux (70%, il restante 30% verrà acquisito agli inizi del 2008). Quindi fu la volta di Mercurio Marine, ribattezzata «Gruppo Baglietto Montecarlo». Nel gennaio 2006 fu costituita «Spezia Yachting», società specializzata nel refitting e nella manutenzione di imbarcazioni. Espansione e internazionalizzazione sembravano inarrestabili con l’ennesima acquisizione di un altro cantiere tunisino: il «W Magic», specializzato nella produzione di yacht di lusso di piccole dimensioni, laminazione di scafi, strutture in vetroresina e composito e realizzazione di componenti in fibra di carbonio. Per finire, nel 2008, con la crisi mondiale dietro l’angolo, nacquero Gruppo Baglietto Tunisia e Gruppo Baglietto Londra. Ma proprio in piena crisi, appena un mese fa, ecco la magia che nessuno si aspettava: il cantiere di Varazze mette in mare un fast yacht di 42 metri. È «Lucky Me», un gioiello in alluminio, ampi spazi destinati all’armatore e due terrazze abitabili sulle murate. Il resto è cronaca di questi giorni. Con il supporto di Bain & Company, il gruppo Baglietto ha infatti elaborato un piano industriale quadriennale (2009-2013) mirato a rafforzare la competitività e la leadership e a irrobustire la struttura patrimoniale e finanziaria del gruppo che controlla i marchi Baglietto e Cantieri di Pisa. Le linee guida del piano ruotano intorno a tre fattori: investimenti per lo sviluppo di nuovi modelli (circa 10 milioni di euro in ricerca e sviluppo, come esigenze di mercato impongono), potenziamento della rete commerciale e del marketing, adeguamento della struttura cantieristica. Il piano prevede inoltre investimenti nelle strutture produttive, in particolare 11 milioni di euro suddivisi tra Varazze e La Spezia. E altri 11 milioni per i Cantieri di Pisa. Queste linee guida sono state presentate, negoziate e condivise da tutti gli stakeholders coinvolti con grande senso di responsabilità, e sono già state inoltrate al ministero dello Sviluppo economico con la richiesta di accesso agli ammortizzatori sociali previsti. Notevoli, quindi, impegno e determinazione della proprietà: traghettare più in fretta possibile l’azienda oltre la crisi (30 milioni di liquidità iniettati nell’ultimo anno) assicurando continuità gestionale allo storico marchio. La realizzazione del piano industriale e quindi il rilancio del gruppo, attende ora l’approvazione delle banche coinvolte: Intesa-SanPaolo, Unicredit e Banco Popolare. A nostro avviso sarebbe davvero imbarazzante giustificare un ipotetico «niet» al salvataggio e al rilancio di una realtà che intende continuare ad essere protagonista dello yachting mondiale. La riapertura delle linee di finanziamento è infatti condizione indispensabile per acquisire nuove commesse che sulla carta già esistono, ma che non si possono perfezionare a causa della revoca delle linee di firma decisa dal sistema creditizio. Fondamentale, quindi, il sostegno delle banche. Il 25 marzo scorso, infine, la decisione dell’assemblea degli azionisti di mettere in liquidazione volontaria la holding: liquidatore Federico Galantini (nel board di Carispe) recentemente cooptato nel cda. Galantini è stato nominato anche amministratore unico del Cantieri Baglietto e dei Cantieri di Pisa. Toccherà proprio a lui il delicato compito di condurre la trattativa con le banche, «al fine di verificare la fattibilità di una manovra di ristrutturazione patrimoniale e finanziaria della società e dell’intero gruppo».

Una mission difficile ma non impossibile se è vero, come è vero, che il gruppo Camuzzi ha smentito con forza un suo disimpegno. Via, quindi, alla scommessa più difficile: quel «gabbiano» di 156 anni non può morire. In fondo la crisi gli ha spezzato soltanto un’ala. Tornerà a volare. Il grande «Muntagnin» ne sarebbe felice.

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