Nomen omen. Con quel cognome che si porta addosso, Raphael Bostic è il mastice perfetto per incollare in bacheca il messaggio che la normalizzazione della politica monetaria non sarà cosa fatta entro fine anno. Il presidente della Fed di Atlanta resta sulle barricate: «Prevedo un solo un taglio dei tassi nel 2024, e non prima del quarto trimestre», ha detto ieri. Falco inossidabile, voce forse isolata all’interno di Eccles Building, eppure abbastanza potente da far sobbalzare i mercati, con il T-Bond decennale salito fino al 4,40%. A farne le spese sono stati anche i nostri Btp il cui rendimento si è arrampicato fino a sfiorare il 3,88% dal 3,76% della chiusura precedente, e lo spread con il Bund passato dai 137 punti di martedì a 143 punti.
Bostic è preoccupato per l’andamento dei prezzi al consumo negli Usa, dove il processo disinflazionistico sembra essersi interrotto, manifestando un andamento opposto rispetto all’eurozona che in marzo ha visto l’inflazione in marzo segnare un +2,4% rispetto al +2,6% di febbraio. Alla Bce si va infatti consolidando l’idea di ridurre il costo del denaro in giugno. A confermarlo ieri il governatore della banca centrale austriaca, Robert Holzmann. Che ha però posto una condizione affinché il taglio possa essere deciso: Fed ed Eurotower devono agire di concerto. Un «decoupling» vanificherebbe invece i benefici dell’allentamento disposto dalla banca di Francoforte.
In ogni caso, le banche centrali non dovranno perdere il fronte petrolifero nei prossimi mesi. Èlì il possibile innesco di un nuovo surriscaldamento del carovita.
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