Barroso: «La paura è più forte del sogno europeo»

Tensione a Bruxelles. Per Frattini non si può più proseguire come se non fosse successo nulla. E Juncker promette «proposte concrete»

Alessandro M. Caprettini

nostro inviato a Bruxelles
Dopo il dritto al mento, il gancio al fegato. È ko l'Europa a 25. Tanto che Franco Frattini, solitamente cauto, stavolta non si frena nel constatare come non si possa più dire - come avevano fatto domenica sera Junker, Barroso e Borrell - «al lavoro come al solito», perché quel che è accaduto, per quanto «non sia la fine del mondo», è qualcosa di «serio, molto serio».
Barroso, con volto di circostanza, si affanna a ripetere che occorre attendere la fine del giro. Fa presente, ancora, che è meglio che a questo punto nessuno prenda «iniziative unilaterali prima del consiglio del 16 e 17 giugno perché sarebbe controproducente». Segnala deluso: «La paura è più forte del sogno europeo». Francia e Olanda, aggiunge, son certo due Paesi importanti, fondatori della comunità, ma solo due. Mentre già il 49% degli europei, tramite referendum o voti parlamentari, han detto di sì. «Le ratifiche devono continuare», ha ribadito ieri sera il lussemburghese Juncker, presidente di turno Ue. «I popoli che non si sono pronunciati devono poterlo fare». Ma si pensa già al dopo. «Al vertice di metà giugno farò proposte che dovrebbero permettere, se tutti saranno d'accordo, di dimostrare che l'Europa funziona, va avanti e sa decidere», promette Juncker. Ma quali? Il problema vero è che uno spiraglio ancora non lo si individua se si eccettua quel coro del «riflettiamo» che va prendendo sempre più piede. Il fatto è che non tutti sono però così d'accordo sul significato della riflessione. Qualcuno vorrebbe prender tempo per verificare se esiste la possibilità che Parigi e l'Aja possano ritentare l'ingresso. Altri pensano a nuove vie dando il trattato istituzionale come bello che sepolto. Chris Patten, l'ex-portavoce britannico della commissione Prodi, tra i pochi euroentusiasti del suo Paese, ritiene ad esempio che «con la bocciatura olandese la Costituzione europea è estinta, come il dodo australiano». Suggerisce allora che Blair, una volta presa la guida semestrale della Ue provi a immettere qualcosa della convenzione Giscard nei vecchi trattati di Nizza: la fine della presidenza semestrale, un maggior coinvolgimento dei Parlamenti nazionali.
Un’ipotesi, come le tante altre che han preso a circolare all'impazzata in queste ore. Dagli uffici di Barroso spunta ad esempio l'idea che possa essere una «commissione di saggi» a verificare cosa si possa fare, magari guidata da quel Delors che è stato apprezzato presidente della commissione Ue e che, oltre ad essere francese, ha buoni rapporti proprio con Blair e con molti altri soci. Altra idea che ha preso a circolare quella belga di procedere comunque con un «nucleo duro», Paesi che accettano il testo Giscard e che possono procedere, lasciando la porta aperta ai ritardatari.
Si discuterà delle ipotesi sul piatto ancora oggi all'Europarlamento in una seduta straordinaria della commissione affari costituzionali. Sapendo però di aver di fronte da un lato la rigidità di Juncker e quella (almeno apparente) di Barroso nel sostenere che «la Costituzione non è morta» e che occorre «procedere con le ulteriori ratifiche» prima di mettere in piedi alternative.

Dall'altro l'affermazione inglese, ma anche di alcuni Paesi dell'ex-est europeo che «il no olandese ha seppellito un malato entrato in come dopo il risultato francese». A quale scopo, dunque l'accanimento terapeutico con un cadavere?

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