Bene i conti pubblici: ripresa aiuta il governo a tagliare il deficit 

Con la riduzione della spesa e la tenuta sostanziale delle entrate le finanze procedono verso il riequilibrio

Bene i conti pubblici:  
ripresa aiuta il governo 
a tagliare il deficit 

La finanza pubblica sta avvian­dosi al riequilibrio, con un cammino di riduzione della spesa e di tenuta sostanziale delle entrate, che riflette il miglioramento graduale dell’eco­nomia. Questo il quadro del bilancio pubblico del primo semestre 2010. Il deficit del primo semestre è pari al 6,1% contro il 6,3% del 2009, ma nel secondo trimestre 2010 il deficit ri­sulta solo del 3,6% rispetto all’8,8% del primo. Il grande calo è in parte dovuto al fatto che, in questo trime­stre, ci sono le entrate dell’autotassa­zione collegata alla dichiarazione dei redditi. Nel 2009 il deficit del se­condo trimestre ammontava al 3,4%. Ma quell’anno poteva contare sui proventi dell’autotassazione con imponibili riferiti al 2008, anno in cui la dinamica economica era stata meno negativa di quella del 2009.

Nel 2010 l’autotassazione connes­sa alla dichiarazione dei redditi si ba­sa sul 2009, annus horribilis . Il peg­gioramento è anche dovuto a un fat­tore temporaneo: sono venute me­no le entrate del secondo trimestre 2009 della tassazione delle rivaluta­zioni dei beni aziendali, derivante dall’attuazione di una direttiva co­munitaria. Le società, con questa ri­valutazione straordinaria di beni aziendali, si sono trovate con un capi­tale proprio maggiore, con il vantag­gio per la loro capacità di garantire i debiti con le banche, ma hanno do­vuto versare un’imposta su tale «gua­dagno di capitale ». Tale entrata di cir­ca 4 miliardi nel 2010 non c’è. Que­sto fattore temporaneo si diluirà, nel conto finale dell’anno. Per le entrate correnti, al netto di ciò, la flessione è solo dello 0,1%, che significa una te­nuta sostanziale. Essa deriva dal ca­lo delle imposte dirette dell’1,8% e dall’aumento di quelle indirette pari all’1,1% e dei contributi sociali dello 1 %.

Ciò segnala che è in atto la ripre­sa economica. Infatti, la flessione del­le imposte dirette riguarda i fattori appena indicati. Le imposte indirette che sono co­stituite soprattutto dall’Iva (in cui una grossa quota è sulle importazio­ni) e dalle imposte di consumo, inve­ce riguardano fatti correnti che colle­gano strettamente all’andamento economico. Il loro aumento del­l’ 1,1% in parte è dovuto a un aumen­to dei prezzi, ma esso non esiste per l’Iva sulle importazioni, e le imposte di consumo sono sul volume, non sul valore dei beni. Comunque, l’au­mento dei fatturati indica una ripre­sa. I contributi sociali sono cresciuti dell’1%.Sul loro gettito influisce l’au­mento delle retribuzioni, che è del 2%. Dunque, c’è un -1% nel volume nelle retribuzioni orarie su cui si so­no pagati i contributi. Poiché le ore di cassa integrazione sono salite nel secondo trimestre del 2010 rispetto a quello del 2009 (in discesa rispetto a quelle di fine 2009-inizio 2010), il calo dell’occupazione è stato inferio­re allo 1%. Per le spese, c’è una ridu­zione complessiva dell’1,2%.

Si trat­ta, però, di una somma algebrica tra spese in aumento e in diminuzione. Le prestazioni sociali, che includo­no le pensioni, la cassa integrazione, la sanità e altre voci minori, sono au­mentate del 2,4%. Non c’è stata, co­me si vede, «macelleria sociale». Gli stipendi pubblici sono in aumento del 2,2%. Invece ci sono economie nelle altre spese. C’è una riduzione nell’acquisto di beni e servizi del 5,5%, nelle altre uscite correnti del 2%, dei trasferi­menti in conto capitale del 22% e de­gli investimenti fissi pubblici del 18%. In totale, le spese correnti cre­scono solo dello 0,5%, mentre quelle in conto capitale, più facilmente ma­novrabili, scendono del 20%. Un grosso contributo alla tenuta dei con­ti pubblici. C’è però un neo in questa mano­vra: la riduzione delle spese di inve­stimento che servono al rilancio.

Il sentiero della conciliazione tra ridu­zione del deficit e stimolo alla cresci­ta dell’investimento è molto stretto. Infatti, nel 2010 noi dobbiamo conte­­nere il deficit entro il 5% del Pil. E l’an­damento dei dati del primo seme­stre e, soprattutto, di quelli del secon­do trimestre, mostra che tale obietti­vo sarà raggiunto.

Il riequilibrio del bilancio viene prima di tutto, per un Paese fortemente indebitato, che de­ve mettere sul mercato grandi masse di debito. Questo riequilibrio, pre­messa al rilancio, si sta attuando. E ciò smentisce la tesi che «questo go­verno non sta facendo nulla».

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