Con il termine ipertensione si indica un disturbo caratterizzato dalla presenza costante, anche a riposo, di valori pressori più elevati della norma. Per la precisione la pressione arteriosa sistolica o massima deve essere maggiore di 140 mm/Hg e quella sistolica o minima deve superare i 90 mm/Hg. Sono oltre un miliardo i soggetti ipertesi in tutto il mondo, con notevoli ripercussioni sulla salute personale e sulla pubblica assistenza.
Il Covid ha influito negativamente anche su questa patologia. Infatti, secondo uno studio condotto dagli scienziati del National Heart, Lung and Blood Institute e pubblicato su Hypertension, durante i primi otto mesi della pandemia gli adulti affetti da ipertensione hanno assistito a un piccolo ma consequenziale aumento dei loro livelli di pressione. Inoltre il numero delle misurazioni è calato drasticamente. Ne abbiamo parlato in questo articolo.
Le cause e i fattori di rischio dell'ipertensione
Si devono distinguere due tipologie di ipertensione, primaria e secondaria, e quindi le loro relative cause. Quella primaria non è legata a nessuna malattia, ma è semplicemente l'esito di una serie di situazioni predisponenti:
- Familiarità;
- Sovrappeso;
- Obesità;
- Sedentarietà;
- Abitudini alimentari scorrette;
- Depressione;
- Età avanzata;
- Squilibri ormonali.
Alla base della forma secondaria, invece, vi è una problematica di salute o alcune condizioni specifiche. Ad esempio:
- Diabete;
- Glomerulonefrite;
- Malattie cardiache;
- Malattie endocrine;
- Lupus eritematoso sistemico;
- Sclerodermia;
- Gravidanza;
- Assunzione di certi farmaci;
- Uso di droghe;
- Abuso di alcol.
Attenzione ai fattori di rischio, tra cui lo stress, le apnee notturne, la carenza di vitamina D e il pisolino pomeridiano. Gli scienziati del Xiangya Hospital Central South University hanno infatti scoperto che la penichella frequente è associata a maggiori probabilità di soffrire di ictus e ipertensione. Ne abbiamo parlato ampiamente in questo articolo.
I sintomi e le conseguenze dell'ipertensione
L'ipertensione viene definita "killer silenzioso" poiché quasi sempre è asintomatica. Talvolta, però, può dar luogo a manifestazioni aspecifiche come mal di testa, sangue dal naso e dispnea. In assenza di trattamento adeguato le conseguenze possono essere anche gravi:
- Ictus;
- Infarto;
- Retinopatia;
- Insufficienza cardiaca;
- Demenza.
Si comprende bene quanto la prevenzione sia fondamentale. Gli scienziati dell'UNSW Medicine & Health sono giunti alla conclusione che l'allenamento di resistenza isometrica (IRT) è in grado di abbassare i valori pressori negli individui che lavorano quotidianamente in ufficio. Ne abbiamo parlato in questo articolo.
L'ipertensione e la salute del cervello
Secondo i ricercatori dell'Università della California, l'ipertensione nella prima età adulta è associata a un deterioramento della salute del cervello in età avanzata, in particolare negli uomini. Per gli stessi, infatti, il rischio di soffrire di demenza è maggiore. Per lo studio, guidato dall'assistente professore Kristen M. George e dalla professoressa Rachel Whitmer e pubblicato su JAMA Network Open, sono stati esaminati i dati di 427 partecipanti all'indagine Kaiser Healthy Aging and Diverse Life Experiences (KHANDLE) e allo Study of Healthy Aging in African Americans (STAR).
Gli scienziati hanno ottenuto informazioni sulla salute dal 1964 al 1985 di una coorte diversificata di anziani asiatici, neri, latini e bianchi. Nello specifico si è focalizzata l'attenzione sulle letture della pressione sanguigna del periodo in cui i pazienti avevano un'età compresa fra 30 e 40 anni. Ciò ha permesso al team di determinare se essi fossero ipertesi in giovane età. Inoltre grazie alle scansioni MRI condotte tra il 2017 e il 2022 è stato possibile individuare i biomarcatori della neurodegenerazione e dell'integrità della sostanza bianca.
I risultati dello studio
I ricercatori hanno scoperto che il gruppo di pazienti ipertesi aveva volumi cerebrali regionali significativamente più bassi e una peggiore integrità della sostanza bianca. Entrambi i fattori sono associati alla demenza. Inoltre è stato dimostrato che i cambiamenti cerebrali negativi (diminuzione del volume della materia grigia e della corteccia frontale) erano maggiormente marcati negli uomini. Questo perché, molto probabilmente, gli estrogeni prima della menopausa hanno funzioni protettive.
Gli studiosi precisano però che, a causa della dimensione del campione, non hanno potuto esaminare le differenze razziali ed etniche. Servono quindi ulteriori approfondimenti.
Tuttavia, secondo Whitmer, l'analisi è importante poiché pone l'attenzione su quei fattori di rischio che possono influenzare negativamente l'ultima parte della vita. Mai dimenticare, dunque, che la salute del cuore è strettamente connessa a quella del cervello.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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