Berti: "Mille esuberi non si festeggiano"

Il leader dell'Anpac: "Firmare l'intesa per Alitalia è stato importante, ora bisognerà sciogliere il nodo dei contratti. Non c'è incomprensione con gli assistenti di volo". Berlusconi: "Alitalia? Sono premier, altrimenti l'avrei comprata io"

Berti: "Mille esuberi non si festeggiano"

da Roma

Adesso può darlo l’annuncio che il comandante Berti e il suo equipaggio sono lieti di averci a bordo?
«Certamente è un passo importantissimo, perché dà continuità all’azienda. Ma non è il comandante Berti, sono tutti i piloti ad aver portato avanti la trattativa».
Ora che è finita, siete soddisfatti?
«Ora siamo all’inizio, perché ci aspetta la gestione dei contratti e degli esuberi, che sarà complicata. La firma è un momento importante, ma non definitivo».
Lei ha salvato l’onore e la faccia, e pare anche la sostanza. Vuol dire che la vecchia regola sindacale, “resisteremo un minuto più del padrone”, premia ancora?
«No, nel modo più assoluto. Io ho un compito fondamentale, tutelare la categoria, e questo ho cercato di fare, senza personalismi. In gioco sì, ci sono le facce: era la mia, ma potrebbe essere un’altra. Io ho semplicemente cercato di fare al meglio il mio dovere».
Comandante, lei è diventato “il belloccio della cloche”. Almeno il suo ego sarà soddisfatto.
«Alla soddisfazione personale do un valore molto basso, le assicuro. Per me è importante uscire da questa vicenda avendo trovato soluzioni per la categoria e per Alitalia».
Non ha tremato un poco, vedendo che non tutti i piloti la seguivano?
«La percentuale di piloti che aveva un’idea diversa dai vertici Anpac è molto bassa, è sempre stata bassissima».
Però all’assemblea di ieri sera anche dai suoi piloti è salito più di un mugugno. Vogliono di più?
«Non è che vogliono di più. È che il numero degli esuberi imposto è molto alto, vicino a mille, il contratto è pesante, e ci sono svariate incertezze sul futuro. Non c’è molto da festeggiare».
Sia sincero: c’è stato un momento in cui ha pensato “oddio, stiamo tirando troppo la corda”?
«Sono veramente sincero: mi sono sempre preso le mie responsabilità, conscio di quanto fosse grave la situazione. Ma ho avuto l’appoggio dei colleghi, che mi hanno sempre aiutato a superare i momenti più difficili. Questa è una vicenda molto, molto pesante, e certamente non me la sono sobbarcata da solo».
Quando ha visto più buio?
«Quando siamo stati tagliati fuori dalle trattative. È stato un momento scioccante, vedere che si discuteva il contratto dei piloti senza che noi fossimo al tavolo. Lì ho capito che stava accadendo qualcosa di molto serio, che avrebbe peggiorato la crisi dell’Alitalia. Quando ci siamo trovati per strada a Via Fornovo, esclusi dalla trattativa senza sapere perché, le confesso che è stato un momento duro e pesante».
Qualcuno dice che alla fine vi siete arresi perché è venuta meno la sponda della Cgil. È vero?
«No, nel modo più assoluto. Noi non ci siamo arresi: abbiamo ottenuto garanzie per la tutela della nostra professionalità, abbiamo ottenuto piloti in più che serviranno a far girare quei 153 aeromobili, e sono certo che gli stessi Colaninno e Sabelli ne sono coscienti. La Cgil è stata importante, ha avuto un comportamento diverso dagli altri sindacati, ma per quel che riguarda i piloti noi abbiamo sempre ragionato in maniera molto asettica ed incondizionata».
Chi ha apprezzato di più, dall’altra parte del tavolo?
«L’entrata in campo di Gianni Letta ha dato slancio alla ripresa della trattativa. Lo avrei voluto al tavolo sempre, non per togliere nulla a nessuno, ma perché il quadro generale dell’Alitalia è veramente complesso, ed era preferibile che Letta ci fosse sin dall’inizio».
Gli altri dipendenti Alitalia non sembrano molto felici del vostro accordo. Non è che qualche hostess finirà col portarvi in cabina il vassoio avvelenato?
«Ma no, non è così, in Alitalia il rispetto dei ruoli è reciproco. Forse c’è stata qualche incomprensione, ma il riconoscimento delle rispettive professionalità è più che consolidato».
Però l’altro giorno davanti a Montecitorio, c’erano anche dei suoi piloti ad applaudire Di Pietro che propone una nuova cordata col Tfr dei dipendenti.
«Quella del Tfr è una proposta che abbiamo fatto e che sta ancora in piedi, non è una cosa da niente. Anzi, è la dimostrazione che non ci muove soltanto l’interesse economico ma anche la volontà di salvare l’azienda».
Avete detto la vostra anche sul socio straniero?
«La situazione è così grave che non ci si può permettere il lusso di scegliere l’uno o l’altro. In realtà un’Alitalia su Roma è tecnicamente un’Alitalia per Air France, un’Alitalia su Milano è per Lufthansa. Il piano che Cai ci ha mostrato è molto sbilanciato su Milano, anche se credo che Colaninno non abbia ancora scelto il partner: ne sono convinto soprattutto dalle ultime chiacchiere fatte nella notte».
È stata la sua trattativa più dura?
«Sì, in senso assoluto».
Lo sa, vero, che l’opinione pubblica non vi ama più di tanto?
«La mia presenza mediatica in questi giorni, mirava proprio a salvaguardare l’immagine della categoria e trasmettere un messaggio importante: per i piloti, i privilegi di una volta non ci sono più».


Ha intenzione di lasciare il timone dell’Anpac e tornare al volo?
«Il mio mandato scade tra un anno e mezzo, ma guardi che io sono comandante di Boeing 777 e volo regolarmente tutti i mesi. Fabio Berti non è un sindacalista di professione, è un pilota».

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