Bertinotti avvisa già Prodi: i veri nodi dopo le elezioni

Il leader dà il via alla carovana di Prc: «Il Professore stia attento a non annacquare il programma»

Roberto Scafuri

da Roma

Un lusso, lo definisce Fausto Bertinotti. Immaginare il futuro mentre infuria la battaglia elettorale e la Carovana di Rifondazione è in procinto di partire - lo farà a fine giornata da piazza Farnese - per il suo tour lungo lo Stivale. Un lusso e una ripartenza: usare il pensiero critico di Marx e «andare oltre Marx, non pretendere di indagare il mondo con gli occhiali dell’ortodossia». Il lusso di un altro «strappetto»: per due giorni il partito si è dedicato alla Sinistra europea, alla costruzione della sua sezione italiana, estraniandosi dalle diatribe politiche e dal «raccogliere voti, che sarebbe pure il mestiere di un partito...», come dice Bertinotti.
Ma oggi il mondo non tiene più, «bisogna coltivare e riformare il rapporto con i movimenti», «revisionare» l’impianto culturale delle origini, aprirsi alle altre culture, come «Se» vuole fare. «Noi che veniamo da storie toste, abbiamo imparato non solo da grandi barbe, ma anche da piccoli uomini...», spiega il leader. Oggi così è possibile la non-violenza e «riflettere a fondo» sui termini di «uguaglianza e libertà», scoprendo che «molto spesso il primo ha fatto premio sulla seconda, mentre andrebbero pensati in maniera convergente». Il futuro è alle porte, la Sinistra europea si propone già in una prospettiva continentale, lo spazio minimo di intervento per trasformare i rapporti e lottare contro le dinamiche di «un capitalismo che ha fallito». Ma se l’ortodossia è «un cane morto da cui vogliamo liberarci», e la Sinistra europea raggruppa partiti e individui provenienti da esperienze differenti, si possono liberare «tanta parte delle idee che sono parte della nostra storia, ora bloccate». Un orizzonte che potrebbe essere definito come «Socialismo del XXI secolo», per il quale al centro «non c’è più il lavoro, ma le lavoratrici e i lavoratori». Tanto da poter parlare di «Socialismo della persona».
Immaginare il futuro mentre imperversano le polemiche elettorali. «Un’originalità», ci scherza su il leader rifondatore. Al termine dell’assemblea che vara la Carta dei principi del futuro soggetto politico, si torna al presente. Qualche considerazione sulla marcia della pace, disertata da Ds e Margherita per il rischio incidenti che «naturalmente non si sono verificati, poiché il movimento è concretamente nonviolento», spiegherà Bertinotti, evitando di fare critiche. «Però si è persa un’occasione per essere ancora di più... Non facciamo drammi, nel programma dell’Unione la pace e la richiesta di ritiro dall’Irak ci sono». Il problema in fondo è sempre lo stesso, «ci sono pressioni da parte dei poteri forti per annacquare il nostro programma», ma guai se il futuro governo Prodi producesse «elementi di disillusione, sarebbe un disastro politico per tutti». Il Paese ha bisogno di un’«impronta fortemente riformatrice», spiega il leader rifondatore, e «noi siamo realisti e lavoreremo perché i problemi vengano risolti». Ma «se vinciamo le elezioni, il giorno dopo avremo problemi e difficoltà rispetto ai quali quelli che abbiamo vissuto fin qui sono rose e fiori...». L’antidoto «ai rischi interni che esistono non è quello dello scontro interno alla coalizione, ma invece la costruzione della partecipazione della società».
Bertinotti ricorda che bisogna lavorare «all’unità della coalizione»: piuttosto che litigare, «dare una qualificazione veramente riformatrice ai programmi: le differenze ci sono e a volte sono anche molto nette, ma anche se siamo tanti e diversi, l’importante è che troviamo una convergenza, un compromesso dal chiaro profilo riformatore». Lavorare alla «partecipazione democratica, fondata sulle autonomie» sembra essere l’alchimia giusta, a ogni livello, sull’esempio del sindacato, che «non può avere un governo amico, in quanto può essere amico solo dei lavoratori».

Come ribadirà anche il leader della Fiom, Gianni Rinaldini, presente all’assemblea, «se Prodi chiederà ancora sacrifici ai lavoratori, il malessere sociale anti-Berlusconi può rivoltarsi contro anche a un nuovo governo».

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