Bertinotti nel nome di Marx: "Sciopero generale"

L’ex leader di Rifondazione alza la voce e richiama "l’esperienza zapatista": "Il nostro nemico è il capitalismo. Di Pietro? Di destra". Intanto il partito è sempre più diviso

Bertinotti nel nome di Marx: "Sciopero generale"

nostro inviato a Chianciano (Siena)

«Lo sciopero generale è il banco di prova per la maturità dell’opposizione. Lo so che a decidere è il sindacato, ma è l’ambiente politico che ne genera le condizioni. E non ci sono forse oggi le condizioni per farlo, vedendo la catena di morti sul lavoro?». Dal VII Congresso di Rifondazione, a Chianciano, Fausto Bertinotti minaccia il governo. Allo stesso tempo sfida «un’opposizione di sinistra che non c’è, perché non c’è la sinistra». Non può farlo il Pd, a suo dire, in quanto «non ha i fondamenti per essere partito di opposizione». Mentre «Di Pietro e il populismo sono opposizione, ma non di sinistra. Anzi, appartengono alla cultura della destra. L’opposizione di sinistra - spiega l’ex presidente della Camera - parte dalle ragioni del conflitto sociale».
Così, citando Marx ed evocando «l’esperienza zapatista», in 29 minuti di discorso interrotto da 24 applausi, il rinato sub-comandante manda un pesante messaggio a Silvio Berlusconi, cassa i balbettii di Veltroni e respinge il giustizialismo dell’ex pm. Oltre a riprendersi quel ruolo di padre nobile del partito «che in realtà - dice il suo pupillo Gaetano Migliore - non aveva mai perduto».
È un fiume in piena, Bertinotti, che fa risuonare parole della mitologia comunista in un’Italia dove ormai molti operai votano centrodestra. «Abbiamo bisogno della ricostruzione di un nuovo movimento operaio» in quanto «partiti e associazioni sono necessari, ma non bastano, perché come diceva Marx il movimento va ben oltre. Senza la critica al lavoro salariato non c’é la critica al capitalismo. E ricordiamo che il nostro nemico non è solo Berlusconi e il padrone, il nostro avversario è il capitalismo», dipinto come il peggiore dei mali dall’ex presidente della Camera. Che esorta a guardare oltre l’Italia, al mondo, al Sud America, dato che «in Europa la sinistra antagonista è a rischio di scomparsa, così come in Italia è fallita l’esperienza di quella alternativa». E citando ancora una volta Marx conclude invitando a pensare che «una forza antagonista non può resistere a lungo se è minoritaria» e che «oggi la sinistra non ha nulla da perdere, se non le catene».
Intanto, a rischiare grosso è proprio la «sua» Rifondazione, chiamata oggi a scegliere chi, tra il governatore della Puglia Nichi Vendola e l’ex ministro Paolo Ferrero, sarà il nuovo segretario. La mozione del primo ha il 47% dei voti pre-congressuali, quella del secondo il 40%.

Ma dopo vani tentativi di portare dalla parte di Vendola almeno una delle altre tre mozioni minoritarie, per fargli superare la soglia del 51%, c’è la possibilità che si arrivi a un accordo opposto, a un «tutti contro Vendola». Che vorrebbe dire la spaccatura del già minuscolo partito. E quindi, un «tutti giù per terra».

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