Bertinotti teme la Grande Coalizione «L’ultima spiaggia del neoliberismo»

«Dobbiamo comprendere i cambiamenti della nostra società e non limitarci a chiedere soltanto di cacciare Berlusconi»

Roberto Scafuri

nostro inviato a Berlino

Scherza sull’impassibilità del capitano che attraversa i marosi, Fausto Bertinotti. E le burrasche della coalizione non lo spaventano anche se la stagione si annuncia decisiva (per quanto si possa dirlo in una sperimentazione perpetua nella prassi che Bertinotti definisce comunismo). Ma se l’essenza delle cose e la loro forma fenomenica coincidessero, scrisse Karl Marx, ogni scienza sarebbe superflua.
Basterebbe forse già questo, per venire una volta l’anno qui nel cuore della vecchia Berlino Est. Man mano che ci si avvicina, sembra una festa, poi un’improvvisata sagra di villaggio. A ridosso di una struttura circolare, il memoriale Fridriechsfeld, dopo aver superato viali ghiacciati e baracchini di knockwurst a pieno regime fino alle 8 di mattina, ecco un lungo fiume di gente. In mano ognuno reca garofani sfusi. Nel mausoleo, voluto dai comunisti della Ddr nel luogo dove i nazisti avevano abbattuto una scultura razionalista di Mies van der Rohe, ci sono le tombe affiancate di Rosa Luxemburg e il suo compagno Karl Liebknecht. Tutt’attorno, in un carosello di memoria, altre figure di riferimento del movimento operaio tedesco. La gente porta fiori, li lascia cadere sulla tomba della Luxembourg o, a scelta, sul preferito. Vecchio regime e no, figure specchiate e altre più controverse, lapidi di trotzskisti a pochi passi da quelle di stalinisti, anarchici e socialisti, comunisti ortodossi e libertari. La morte li accomuna tutti, come nella vera “livella” di Totò, e «ci ammonisce», come è scritto su una grande pietra centrale.
«Ma quello che è più incredibile, quello che la configura come una manifestazione unica al mondo - spiega Fausto Bertinotti nelle vesti di anfitrione - sta in questo fiume di gente che spontaneamente fin dal primo mattino viene a rendere omaggio. L’unica delle manifestazioni non organizzate, e che noi della sinistra europea rifiutiamo di rendere “organizzate”».
All’epoca della Ddr la celebrazione era di regime, però. E anche adesso la gente che viene non sembra proprio il comunismo del Duemila. «Sì, è vero: c’è anche nostalgia, ma non solo. La tipologia della folla muta con il passare delle ore... Intorno a mezzogiorno si fanno vedere i giovani... È incredibile e lo trovo commovente, quest’omaggio individuale a un’idea, a una causa... Memorie di singoli che rinnovano la memoria di una grande donna». La Luxemburg, ovvero il comunismo cosiddetto “libertario”. Morta il 15 gennaio del ’19, a due anni dalla prima e unica sperimentazione concreta del comunismo, quella che avrebbe gettato cattiva luce sull’intero movimento. Ma come si sa è proprio su questo fronte che Bertinotti combatte la sua battaglia più originale, quella di ridare onore al comunismo delle origini, come ricerca pura di nuove forme di socialità umana ed economica. Il discorso inevitabilmente torna all’attualità di questa battaglia. Il leader rifondatore ci ha fondato su un partito, quello della Sinistra europea, che nella due giorni di Berlino si è dato forme organizzative ancora più concrete ed efficaci. Pronto alla battaglia per la nuova costituzione europea («raccoglieremo le firme per un appello che blocchi i tentativi di aggirare il referendum francese e faccia nascere la costituzione nella sede deputata, che è l’Europarlamento»). Ma soprattutto deciso a lottare per i principi cardine di questa Costituzione “dal basso”: la pace e la lotta al neoliberismo.
La partita che si gioca in Europa, spiega Bertinotti, è quella che ha sull’asse Roma-Berlino un nuovo paradigma. Il neoliberismo in crisi si arrocca nella formula della «grosse koalition», e se essa riuscirà a produrre risultati positivi, «saranno guai anche per noi in Italia, nel caso di vittoria contro Berlusconi». La formula di compromesso generale tra tutte le forze centriste, fino a comprendere la socialdemocrazia, rischia di essere la tentazione che agita anche i venti in Italia. Averne paura? «La grosse koalition nasce dal tentativo di realizzare le politiche che Schröder non ha saputo promuovere».
In Italia potrebbe essere lo stesso, se non fosse che Rifondazione, contrariamente a die Linke di Oskar Lafontaine, è il perno centrale dell’Unione. Reggerà l’impianto e la scommessa di Rifondazione di spostare Prodi a sinistra? Per Bertinotti l’alchimia sta «nella capacità dell’Unione di comprendere e ascoltare ciò che è cambiato nella società italiana, che non chiede soltanto di cacciare Berlusconi, ma di procedere con una politica di riforme. Il problema dell’Unione non è la coesione, ma la connessione con il popolo del cambiamento...».

Cosa accadrà? Sosteneva la Luxemburg che per conoscere la società e intuirne le tendenze e le evoluzioni, sono indispensabili paradigmi “dualisti”, classisti, “autocontraddittori”. Ognuno fa da sé e porta le proprie istanze verso ciò che crede giusto. Ne emerge ciò che può. Se aveva visto giusto la Luxemburg, la sfida sarà vinta. Altrimenti, «guai».

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