Bimbo di 10 anni muore in ospedale C’è il sospetto che sia l’influenza A

Ha dieci anni la prima vittima romana dell’influenza. Oggi si saprà se a uccidere T.M. domenica pomeriggio sia stato il virus N1H1.
Il terrore cresce, insieme al numero dei contagi. Il piccolo paziente era stato ricoverato il 21 ottobre nel reparto di pediatria dell’ospedale Villa San Pietro per una pleuropolmonite batterica. I medici lo avevano sottoposto a tutti gli accertamenti clinico-diagnostici e alle terapie del caso. Inizialmente il bambino rispondeva bene agli antibiotici. Poi, all’improvviso, le sue condizioni sono precipitate e nel giro di un’ora è deceduto. «L’assistenza intensiva durante il momento critico è stata immediata e di massimo livello, ma inutile» dicono i sanitari. Si teme che il virus N1H1 possa essere stato la concausa del decesso. Ieri pomeriggio è stata effettuata l’autopsia e sono stati inviati al Gemelli i tamponi nasali fatti al paziente, che forniranno risposte certe ai genitori del piccolo, figlio unico. Ma per i risultati bisognerà aspettare domani.
Un caso di suina si è verificato anche ad Anzio, dove è stato contagiato un tecnico radiologo degli Ospedali riuniti di Anzio e Nettuno, già affetto da altre patologie. L’uomo, che ora è ricoverato allo Spallanzani, aveva notato di essere febbricitante, ma pensava si trattasse di una comune influenza, quindi era andato normalmente a lavoro. Poi le sue condizioni di salute sono peggiorate, fino alla scoperta del contagio. È rimasto intubato fino a ieri, ma oggi riprenderà a respirare autonomamente.
Purtroppo l’influenza A procede più velocemente dei vaccini. «L’ideale sarebbe stato cominciare le vaccinazioni un mese e mezzo fa, anche se è impossibile muoversi più rapidamente di come stiamo già facendo», afferma l’Asp-Laziosanità.
La questione più controversa riguarda proprio la necessità o meno di vaccinarsi. Nel Lazio circa il 50 per cento dei pediatri ritiene che questo vaccino non è sicuro per i bambini e si rifiutano di somministrarlo. Di questi, il 20 per cento lo sconsiglia mentre il 30 per cento non somministra la dose all’interno del proprio studio e rinvia i piccoli pazienti ai centri vaccinali della regione. «Si tratta solo di futili pregiudizi - precisa il pediatra Antonio Palma, componente della commissione regionale vaccini e del tavolo tecnico regionale per la pandemia - personalmente non sono d’accordo con chi lo sconsiglia. Alcuni ritengono che non sia sicuro perché non sperimentato a sufficienza sui bambini: una tesi che non condivido».
Domani dovrebbero arrivare altre centomila dosi nel Lazio alle quali si aggiungeranno le 350mila previste per metà novembre, che verranno destinate agli operatori dei servizi essenziali non-sanitari, ai donatori di sangue e agli adulti «a rischio». «Bisogna immediatamente distribuirli partendo dai bambini tra i 5 e i 14 anni - commenta il segretario regionale dell’Udc Luciano Ciocchetti -. Questa prima operazione significherebbe spezzare la catena del contagio. La macchina sanitaria è partita in netto ritardo e ora assistiamo a un disastro annunciato».
Per quanto questa pandemia si diffonda a macchia d’olio, è possibile iniziare a tracciare una sorta di mappa delle aree più colpite. «Sulla litoranea, ad Anzio e Nettuno sono molte le richieste di intervento per presunti casi - dice il direttore sanitario della Asl Rm H Vittorio Amedeo Cicogna -. Abbiamo decine di persone contagiate e questa settimana avvieremo la fase 1, che prevede un primo step di vaccinazioni per tutto il personale sanitario e socio-sanitario». Ieri nei pronto soccorso della capitale è stato un continuo via vai di persone. Al Gemelli il ritmo è stato di 5 pazienti l’ora con sintomi da influenza A e di questi l’80 per cento bambini. Ma solo per uno è stato ricoverato in isolamento pediatrico.

«A settembre era stata annunciata l’apertura di 800 studi di medici di famiglia per almeno 10 ore continuative - denuncia il Tribunale per i diritti del Malato -. Ma nulla è stato fatto. Vista l’emergenza ora li pretendiamo e chiediamo anche il rafforzamento della guardia medica».

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